AVVERTENZA: Mi è tornato alla ribalta, quasi per caso, questo articolo che scrissi per la rivista online pensalibero.it con data di pubblicazione 17 gennaio 2011. Ripeto: 17 gennaio 2011. Dieci anni sono passati. Eppure, pur con l'insorgere di nuove situazioni, grillini per un conto, ristrutturazione e potenziamento della destra per un altro, i problemi della sinistra democratica e riformista sono sempre allo stesso punto. Sarà un caso o sarà un po' anche colpa nostra?
Provo
a ragionare sull’attuale situazione per vedere se mi convinco della necessità
di un rilancio dell’iniziativa delle forze socialiste, liberali e riformiste, area alla quale mi
sento di appartenere; e diciamo anche al metodo, ma non di più perché la
politica la dobbiamo ancora inventare. Per farlo ci sono ancora da superare
diversi limiti.
Cominciamo
dal primo. Ammettiamo che, almeno in senso culturale, si tratta di un’area
abbastanza vasta e dagli incerti confini. E’ invece un’area invece molto più
ristretta – non vorrei dire insignificante - dal punto di vista di presenza
nell’attuale dibattito politico, sempre che di dibattito politico si possa
parlare in questa ormai troppo lunga stagione della cosa pubblica. Più che di
tornare ad una nobiltà della politica che non c’è mai stata, l’imperativo è
quello di andare oltre questa stagnante volgarità, ma per ora si tratta solo di un’esigenza di
galateo.
Abbiamo
poi un intralcio di persone: esponenti e componenti più o meno ereditati dalla
vecchia politica, che a lungo hanno civettato – quelli che non si sono schierati
in maniera organica - con i poli
dominanti di questa seconda repubblica, in maniera quasi sempre acritica,
ricevendone in cambio carote, ma più spesso bastonate.
C’è
anche un problema di spazio fisico, che appare ridursi in presenza dei
tentativi di costituire un terzo polo, a livello parlamentare con le forze già
esistenti ed i transfughi degli altri schieramenti, ma anche a livello civile
con le prediche e le inespresse intenzioni politiche dei Montezemoli di turno.
Se
poi guardiamo al PD, che per alcuni potrebbe sembrare un’area naturale di
approdo critico, potremmo dire che lì dentro c’è di tutto, in maggiore o minore
misura, tranne che l’anima laica, completamente inespressa; e la cultura
riformista, che dopo la caduta del muro avrebbe dovuto prendere il sopravvento,
stenta a farsi largo tra alcuni massimalismi più ostentati che reali, le
pratiche gestionali e le derive cristiano-sociali, espressione di una cultura solidarista,
ma non necessariamente e convintamente riformiste o riformatrici.
Si
era rivolta l’attenzione anche – e con un certo favore - all’iniziativa di
Vendola, quando sembrava proporre un progetto per costituire una sinistra non conformista,
liberata dal marxismo immaginario dei Ferrero e dei Di Liberto, però lo stesso
leader pugliese non sembra riesca a tradurre in proposta politica l’indubbia
simpatia ed anche il seguito che si è procurato, sballottato come si ritrova
tra primarie negate e vecchie suggestioni populiste.
Allora
non ci rimane che ripensare i motivi della nostra presenza. E ne abbiamo dette,
su Pensalibero e nei nostri convegni, però siamo sempre rimasti al palo e mi
sono quasi convinto del fatto che ci culliamo troppo nelle ragioni del passato,
e peggio ancora ciascuno nella sua tradizione personale. Questo è il risultato
anche di parole d’ordine che a noi sembrano mobilitanti, ma che alle componenti
sociali che vogliamo interessare ed anche alle giovani generazioni dicono poco o nulla; specialmente
per queste ultime che partono da condizioni di vita, relazioni sociali e forme
di comunicazione del tutto diverse.
E’
vero però che la forma di cultura politica che ci accomuna, una volta spogliata
dei limiti e delle contraddizioni che prima ho cercato d’illustrare, possiede
valori che vanno al di là sia della tradizione che delle forme attuali e questo
è il concetto che sta a noi diffondere. Perché ciò sia possibile è però necessario
che questa stessa cultura divenga prevalente ed ottenga consensi non solo
presso i nostri ristretti circoli, ma presso gli ambienti che nell’ambito
economico, sociale ed intellettuale oggi in Italia formano opinione e
determinano comportamenti. Da questi ambienti, anche quelli più aperti ed avanzati,
più che esclusi siamo non considerati e potremo recuperare solo se riusciremo a
far passare il messaggio che occorre, per usare l’espressione del nostro direttore,
introdurre un elemento innovatore nel sistema e che questo elemento può essere
solo una forza unica d’ispirazione laica e liberalsocialista.
Silla Cellino
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