Gestione lavoristica e contributiva dell'aspettativa nel settore privato
Nell’ambito generale
dei diritti spettanti ai lavoratori in materia di permessi e di aspettative, particolare
rilievo assume quella parte delle relazioni di natura sindacale, in virtù delle
quali il lavoratore si trova nella necessità di dover disporre del proprio
tempo, in sostituzione di quello dedicato all’attività lavorativa, per poter
adempiere ai compiti cui è tenuto per effetto di un incarico ricevuto, come nel
caso di cui ci occupiamo, di natura sindacale.
Le legge disciplina
tale eventualità facendone esplicito oggetto nella L. 300/70, cosiddetto
statuto dei lavoratori, al cui art. 31 si prevede che, oltre ai lavoratori
eletti in assemblee rappresentative, anche a coloro che siano chiamati a
ricoprire cariche in ambito sindacale a livello provinciale e nazionale venga
riconosciuto il diritto ad essere collocati, a richiesta, in aspettativa non retribuita
per tutta la durata del loro mandato, così generalizzando senza distinzioni tra
rapporto di lavoro pubblico e rapporto di lavoro privato. Con Legge 724/94,
art. 22 comma 39 viene precisato che la succitata norma della legge 300
s’interpreta autenticamente nel senso della sua applicabilità ai dipendenti pubblici eletti nel
Parlamento nazionale, nel Parlamento europeo e nei consigli regionali. Peraltro
la contrattazione collettiva del settore privato fa riferimento di norma allo
stesso principio, potendosi perciò parlare di un esercizio generalizzato in
questo senso.
Facciamo
preliminarmente questa distinzione tra aspettativa da un impiego pubblico e
quella di un lavoratore del settore privato perché nel settore privato il lavoratore
in aspettativa per ricoprire incarichi di natura sindacale non percepisce per
quel periodo retribuzione da parte del datore di lavoro, mentre nel settore
pubblico l’aspettativa viene normalmente retribuita sotto forma di distacco.
Brevemente, per il settore pubblico, che comunque non è in argomento in questa
occasione, basterà aggiungere che siamo in presenza di un iter che, partendo
dalla fissazione di un contingente massimo di distacchi sindacali, ripartisce
detti distacchi tra le organizzazioni maggiormente rappresentative determinate
con i criteri ormai abituali. Condizione perché il lavoratore possa usufruire
dell’aspettativa/distacco è che si tratti di un lavoratore a tempo
indeterminato, sia a tempo pieno che part-time.
Nel settore privato
partiamo da alcuni assunti, oltre quello già citato dell’estensione di cui alla
Legge 300. Il primo di questi assunti è che il lavoratore che è chiamato ad
assumere incarichi di natura sindacale a livello nazionale oppure anche
regionale o provinciale[1] ha
diritto ad esser collocato in aspettativa, su iniziativa del lavoratore che ne
faccia eventualmente richiesta, senza che il datore di lavoro possa contrastare
la richiesta stessa. Si tratta di un diritto e non di un obbligo soggettivo;
pertanto non sconta l’automatismo ed è il lavoratore che deve farne richiesta
al datore di lavoro. L’aspettativa può essere fruita in misura totale o anche
parziale purché la misura sia preventivamente determinata o anche successivamente
modificata su richiesta incondizionata del lavoratore. Il rifiuto da parte del
datore di lavoro di concedere l’aspettativa e l’eventuale sanzione per assenza
ingiustificata costituiscono comportamento antisindacale, come in merito ha
confermato anche la Corte di Cassazione.[2]
Il
secondo assunto è l’insorgenza a favore del lavoratore del diritto alla contribuzione
figurativa. In ciò l’aspettativa per incarichi sindacali, ma anche per quelli
politici, si differenzia dall’aspettativa per motivi privati, di studio e/o
familiari o altro, durante la quale il periodo di congedo non è computato
nell’anzianità di servizio o ai fini previdenziali, restando al lavoratore la
possibilità di procedere al riscatto o al versamento dei contributi calcolato
secondo i criteri della prosecuzione volontaria[3]; nel
caso in questione invece il lavoratore in aspettativa del settore privato (ma
si ritiene anche del terzo settore) viene ad essere collocato in una diversa
posizione, la quale dà titolo, sempre a
norma della legge 300/1970, all’ accreditamento figurativo per il periodo
interessato nella gestione previdenziale per la quale il lavoratore era stato
iscritto all’atto del collocamento in aspettativa.
Condizione necessaria
è che sia in atto un rapporto che faccia riferimento ad una effettiva
prestazione di lavoro subordinato soggetta all’obbligo assicurativo e che il datore di lavoro adotti un provvedimento di
collocazione in aspettativa non retribuita nei confronti del lavoratore in
questione. E’ pacifico che si tratta di una situazione diversa rispetto al
rilascio di permessi per lo svolgimento dell’attività sindacale.
E’
necessario altresì che la carica o la funzione cui è chiamato l’assicurato rispondano
alle caratteristiche previste dalla legge 300, ossia carica sindacale direttiva,
espletata anche in qualità di membro di un organismo direttivo fino al livello
provinciale e che comunque questo tipo di attività non possa essere ricompreso
nell’ambito di una prestazione di lavoro a carattere subordinato.
Per quanto riguarda
inoltre la misura dell’accredito figurativo e cioè la misura della
contribuzione riconosciuta ai fini assicurativi, occorre far riferimento alla
categoria ed alla qualifica professionale posseduta dal lavoratore all’atto
dell’ingresso in aspettativa, con successivi adeguamenti conseguenti alla
dinamica sindacale ed alla carriera prevista dalla dinamica stessa ed
esclusione di quanto non collegato o collegabile a tale dinamica, quali ad
esempio competenze accessorie legate alla produttività o a straordinari
forfetizzati. L’Inps precisa altresì che il valore retributivo su cui
commisurare la contribuzione figurativa è determinato dalla media delle
retribuzioni percepite in costanza di lavoro nell’anno solare di riferimento.
Discorso a parte,
infine, per quanto riguarda l’obbligo di corresponsione del contributo all’SSN,
Servizio sanitario nazionale. Questo è dovuto dal lavoratore collocato in
aspettativa in misura commisurata all’indennità che percepisce in relazione
alla carica, in qualità e nella misura di lavoratore dipendente con altri
redditi.
Veniamo ora all’iter
che deve essere seguito per la gestione di tale istituto. In primo luogo occorre
presentare la domanda di accredito della contribuzione figurativa, che
l’interessato deve effettuare ogni anno, a partire dal 1° gennaio e fino alla scadenza del 30 settembre dell’anno
successivo a quello del periodo di aspettativa richiesto, con procedura
telematica su piattaforma predisposta dall’Inps; la domanda deve essere
rinnovata ogni anno, con riferimento all’anno precedente (solare dice l’Inps,
ma più propriamente dovremmo dire di calendario) anche per periodi già
predeterminati di aspettativa ultrannuale[4]. Dal
1° gennaio 2018 la domanda può essere presentata, allegando la documentazione a
supporto, esclusivamente per via telematica, direttamente sul sito dell’Inps,
oppure attraverso un apposito Contact
Center telefonico istituito dallo stesso Inps, oppure infine per mezzo dei
patronati o di altri soggetti abilitati all’intermediazione con l’Inps, tra i
quali si ritiene possano essere ricompresi i consulenti del lavoro. La data
stabilita per il termine di scadenza è perentoria a pena di decadenza dal
diritto, ma solo agli effetti della presentazione della domanda; infatti l’Inps
ha precisato che l’interessato ha la possibilità di integrare la presentazione
con la necessaria documentazione anche dopo il termine del 30 settembre, fatto
salvo che alla domanda potrà esser dato corso solo al completamento della
documentazione[5],
ma anche che l’inizio della contribuzione figurativa sarà datato a partire dal
momento della sospensione dell’attività lavorativa.
La documentazione a
supporto consiste in primo luogo nell’atto formale, comprensivo della data di
decorrenza, con cui l’interessato è stato chiamato a rivestire l’incarico
sindacale; sarà opportuno anche dimostrare che tale incarico (rectius carica sindacale) sia prevista
dallo statuto sindacale e quindi è da ritenersi utile allegare lo statuto
dell’organizzazione. Inoltre sarà necessario presentare la prova dell’atto di
collocamento in aspettativa, ossia l’attestazione datata e sottoscritta dal
datore di lavoro, antecedente la data d’inizio dell’aspettativa stessa. Il sito
dell’Inps fornisce un modello di tale attestazione, da cui si ricava che le
indicazioni da fornire sono la data di assunzione del lavoratore, il contratto
di lavoro applicato nonché il livello d’inquadramento del lavoratore
interessato, il provvedimento adottato e gli eventuali provvedimenti di proroga ed infine la causa dell’aspettativa, nel caso
specifico la carica sindacale che è all’origine del distacco. In tale provvedimento
è necessario altresì che sia specificato che il richiedente non è un lavoratore
che sta scontando ancora il periodo di prova o, se il periodo di prova non
fosse stato previsto al momento dell’assunzione oppure fosse inferiore ai sei
mesi, che abbia svolto almeno sei mesi di lavoro effettivo. Quella del periodo
di prova è comunque una nozione delicata, nel senso che l’Inps pone molta
attenzione alla verifica che tale periodo sia stato effettivamente svolto e
compiuto, sia tramite l’acquisizione della contrattazione collettiva relativa
al caso specifico, sia con la verifica che il periodo di prova, anche se
eventualmente previsto di durata superiore ai sei mesi, sia stato integralmente
compiuto[6]; o
se inferiore ai sei mesi, che l’aspettativa sindacale decorra dopo un periodo
di sei mesi effettivamente lavorato. Tali condizioni, pur dovendo essere
contenute nell’attestazione del datore di lavoro, sono sempre soggette a
verifica da parte dell’Inps.
Concludiamo queste
note accennando sinteticamente agli adempimenti da parte del datore di lavoro per
la corretta compilazione dei flussi Uniemens. A seguito della concessione dell’aspettativa
non retribuita per motivi sindacali, per il lavoratore in questione non deve
essere presentata alcuna denuncia corrente, salvo indicare, nella denuncia
relativa all’ultimo periodo di servizio prestato, il codice 40, corrispondente
alla causale “Aspettativa non retribuita per motivi sindacali”. Qualora nel
corso del periodo di aspettativa il lavoratore dovesse percepire arretrati
relativi a periodi precedenti l’aspettativa stessa, questi dovranno essere comunicati
con l’elemento V1 causale 1 relativo all’ultimo periodo precedente l’astensione
e sempre con il codice 40. Particolari modalità invece vanno adottate nel caso
in cui l’aspettativa sia richiesta e concessa/adottata in forma part-time: in
questa evenienza gli elementi Imponibile e Contributo dovranno essere indicati
nella misura assegnata, in proporzione al part-time adottato, indicando anche
nell’elemento <PercAspettatival300_70> la quota di aspettativa non
retribuita per motivi sindacali, valorizzata in millesimi, di cui usufruisce il
lavoratore.
[1] Si diceva allora anche
comprensoriale, ma gli attuali orientamenti culturali in fatto di decentramento
e riaccorpamento amministrativo hanno fatto perdere importanza a questo livello
[4] Così si esprime l’Inps nel
Messaggio n. 3499 del 08.09.2017, ricollegandosi all’art. 3 del citato D.Lgs. 564/1996. Tuttavia
è da notare che nella pagina del sito Inps dedicata all’argomento, dopo aver
ricordato la scadenza del 30 settembre dell’anno successivo a quello nel quale
ha avuto inizio l’aspettativa, si dice testualmente che “la domanda si intende
tacitamente rinnovata ogni anno salvo espressa manifestazione di volontà
contraria”.
[6] Anche con riferimento alle
assenze dal lavoro che abbiano eventualmente sospeso il decorso del periodo di
prova.
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