pubblicato on-line su Consulenza ed. Buffetti del 1 giugno 2017
Prosegue la ricognizione da parte
dell’Inps delle modalità applicative dei vari istituti previdenziali in seguito
all’introduzione della nuova disciplina delle unioni civili tra persone dello
stesso sesso e delle convivenze tra persone di sesso diverso o dello stesso
sesso. Dopo le istruzioni riguardanti l’utilizzo dei permessi e dei congedi di
cui abbiamo trattato in precedente occasione è ora la volta delle istruzioni e
dei chiarimenti in materia di assegno per il nucleo familiare, di assegni
familiari e infine di assegno per congedo matrimoniale: facciamo riferimento
alla circolare n. 84 del 5 maggio, la cui applicazione è prevista a decorrere
dal 5 giugno 2016.
Andiamo con ordine: la
circolare richiama in primo luogo le condizioni che si sono venute a determinare
per effetto della legge 20 maggio 2016, n. 76, nella parte che ne introduce il
principio, che equipara lo status di
coniuge con quello di parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso;
così come nuove condizioni possono entrare in gioco per effetto della
costituzione di una convivenza tra persone di sesso diverso o dello stesso
sesso, purché tale convivenza venga confermata da situazioni oggettive come lo
stabilimento comune di una residenza anagrafica e più efficacemente confermata
dall’eventuale sottoscrizione di un contratto di convivenza. All’enunciazione
del principio stesso consegue il riconoscimento di taluni istituti. Abbiamo già
trattato in un precedente articolo del funzionamento di permessi e congedi. In
questa sede ci occupiamo, anzi se ne occupa l’Inps, di prestazioni a sostegno
del reddito, in particolare l’assegno per il nucleo familiare, gli assegni familiari
nella loro forma residuale.[1] e
infine dell’assegno per il congedo matrimoniale, che in conseguenza della Legge
76 estende la sua applicazione anche nei riguardi delle unioni civili, ma non,
comprensibilmente, per le convivenze di fatto. Quest’ultimo argomento è
abbastanza semplice, in quanto si risolve ad estendere a favore dei componenti
dell’unione civile il medesimo diritto al congedo accordato alle coppie
eterosessuali in occasione del matrimonio: congedo di otto giorni da fruire entro
trenta giorni dalla data dell’evento.
La parte più complessa invece,
anche perché caratterizzata da potenziali situazioni differenziate, riguarda le
unioni civili, per le quali è necessario considerare le caratteristiche del
cosiddetto nucleo di riferimento e le possibili situazioni che al nucleo
possono far capo. Per nucleo di riferimento s’intende ovviamente l’unione che
si è formata per effetto del nuovo negozio previsto dalla Legge 76 nella sua
prima parte.
Nella prima situazione
esaminata si fa il caso di un’unione civile in cui solo una delle due parti sia
lavoratore dipendente o titolare di prestazione previdenziale, ossia in altri
termini pensionato; in questo caso – è scritto nella circolare – a vantaggio
della parte titolare tutelata devono essere
riconosciute le prestazioni familiari determinate dalla presenza di un soggetto
legato civilmente ma non autonomamente tutelato; ossia dovrà far richiesta per
la concessione dell’assegno per il nucleo familiare e ne avrà diritto nella
misura prevista dalla legge.
Si può dare l’eventualità – ed
è la seconda situazione - che in una unione civile ci sia anche la presenza di
uno o più figli di una o di ambedue le parti nati precedentemente alla stipula
dell’unione: in questo caso occorre aver riguardo alla qualificazione
dell’affidamento, cioè se sia esclusivo oppure condiviso. Fermo restando che il principio è che al
figlio debba essere garantito il trattamento di famiglia, se l’affidamento è
esclusivo per la parte che poi, una volta separata, dà vita ad un’unione
civile, questa parte avrà diritto a richiedere l’assegno per il nucleo
familiare; se invece l’affidamento è condiviso solo una delle due parti avrà
diritto a richiedere il trattamento. La domanda che sorge spontanea è
ovviamente quale delle due. La circolare non lo dice, anche perché
oggettivamente non le compete, e quindi bisogna risalire alla prassi generale
che concede questo diritto al genitore collocatario.
Fin qui, a parte la materia,
niente d’innovativo in fatto di prassi. Interessante invece - anche se a ben
guardare può essere considerata una conseguenza logica – la successiva
interpretazione della circolare nella quale si contempla il caso in cui ambedue
i genitori, siano essi divorziati, separati oppure naturali, non abbiano una
posizione tutelata: ebbene, in questo caso l’altra parte dell’unione civile che
abbia il diritto soggettivo a richiedere l’assegno familiare, per esser lavoratore
dipendente oppure titolare di prestazione previdenziale sostitutiva, può
richiederlo per il figlio o i figli del partner.
Veniamo adesso ad un’ulteriore
situazione: quella in cui nascano figli di una delle due parti (o di entrambe
si potrebbe aggiungere) dopo l’unione. Anche in questo caso la possibilità di
aver diritto all’assegno deve essere garantita; sì, ma come e per quali
situazioni? La circolare si limita ad affermare che condizione per la
sussistenza del diritto sia l’inserimento del figlio all’interno dell’unione
civile, anche mediante il procedimento descritto dall’articolo 252 del codice
civile. Per la cronaca tale articolo del codice civile, peraltro abbastanza
complesso, riguarda l’eventualità della nascita di figli, cosiddetti naturali,
al di fuori del matrimonio di uno dei coniugi e riconosciuti prima o durante il
matrimonio; perciò la succinta disposizione dell’Inps potrebbe non essere esauriente
per tutte le circostanze che potrebbero verificarsi senza il ricorso
santificatorio al procedimento invocato, che altro non è che l’autorizzazione
del giudice con il consenso di tutte le parti interessate, ivi compresi i figli
legittimi che abbiano compiuto i sedici anni di età e siano conviventi. Non
pare perciò del tutto fuori luogo ipotizzare contenziosi di vario genere.
Sempre a proposito di questo
argomento la circolare non affronta una fattispecie, sulla quale però si dovrà
ragionare ancora de iure condendo: e
cioè sulla possibilità che la coppia dello stesso sesso abbia dei figli,
comunque procurati, all’interno dell’unione civile; circostanza che non è da
ritenere ricompresa tra quelle di cui al periodo precedente, stante il richiamo
esplicito all’art. 252 del codice civile. Peraltro situazioni di questo genere,
talune con forzature di natura sociale e anche politica, esistono già ed è
doveroso occuparsene. L’opinione di chi scrive, anche se l’Inps non lo dice
esplicitamente, è che comunque debba essere considerato in primis l’interesse del minore e che quindi si possa procedere
alla richiesta dell’assegno per il nucleo familiare avendone diritto.
Infine – e per concludere sulle
unioni civili - resta ancora problematico cosa possa accadere nell’ipotesi in
cui l’unione civile si sciolga, secondo quanto previsto dai commi 21/26 art. 1
della Legge 76/2016. Com’è noto, lo scioglimento dell’unione civile può
avvenire automaticamente per morte effettiva o presunta oppure per rettifica
del sesso, oppure su domanda in conseguenza di divorzio per cause legali,
recesso unilaterale o scioglimento consensuale. Senza entrare nei termini della
procedura, i rapporti tra gli ex membri dell’unione saranno regolati secondo le
modalità ed i tempi previsti, resta però il problema dei figli di una delle
parti nati dopo la celebrazione dell’unione, che nemmeno l’Inps risolve
rinviando la questione ad un parere da darsi a cura del Ministero del lavoro.
Anche in questo caso però c’è da ritenere che il Ministero non possa prescindere
dal dare una risposta preliminare alla questione, distinguendo cioè tra i figli
che possono essere considerati attribuiti ad entrambi i componenti dell’unione
civile e quelli attribuibili separatamente a ciascuno dei due.
Due parole infine anche sulle
convivenze, che nell’ambito delle unioni non matrimoniali rappresentano certamente
il fenomeno più diffuso. La Legge 76 ha stabilito però alcune condizioni per il
loro riconoscimento di diritto, introducendo anche una gradualità di posizioni.
Ciò che è di base è che, per poter aver diritto ad alcune prestazioni
previdenziali, come nel caso dell’assegno per il nucleo nella forma prevista
come familiare, non solo ci dev’essere un’effettiva convivenza, condizione
accertabile solo con una dichiarazione anagrafica, ma è necessario che esista
anche un contratto di convivenza, dei cui contenuti il comma 53 dell’unico
articolo della Legge 76 fornisce però
solo un’indicazione generica, nel senso che può contenere l’indicazione della residenza, che deve esser
comune, le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune e il
regime patrimoniale della comunione dei beni. Su questo punto l’Inps è più
esigente del codice riformato dalla novella, perché per il diritto alla
fruizione dell’assegno per il nucleo familiare esige che dal contenuto del
patto emerga con chiarezza l’entità dell’apporto economico di ciascuno alla
vita in comune.
Concludiamo con una nota di
natura procedurale. La domanda per le prestazioni descritte nella circolare
dovrà essere presentata all’Inps in via telematica semplicemente indicando il
proprio stato e quello del partner, poiché sia nel caso di coniuge, unito
civilmente o convivente di fatto ex comma 50 art. 1 Legge 76/2016, i dati
probanti sono già contenuti da altra pubblica amministrazione. Infine, il
matrimonio contratto all’estero da cittadini italiani con persona dello stesso
sesso produce gli effetti dell’unione civile regolata dalla legge italiana.
Silla Cellino
Silla Cellino
[1]La circolare ricorda
opportunamente che gli assegni familiari nella vecchia versione continuano ad
essere erogati a vantaggio di alcune categorie di lavoratori autonomi,
coltivatori diretti, coloni, mezzadri e iscritti alle gestioni speciali degli
artigiani e dei commercianti.
Nessun commento:
Posta un commento