(su pensalibero.it del 17 gennaio 2016)
Sul fronte degli
avvenimenti internazionali siamo a buona ragione distratti da quanto avviene
nel quadrante mediorientale, non solo perché è quello a noi più vicino, ma
anche perché ha i maggiori riflessi sulle vicende di casa nostra – parliamo di
Europa - sulla nostra politica, sui nostri comportamenti civili e sociali,
sulle scelte che dovremo fare e gli atteggiamenti che dovremo adottare di
fronte ai problemi che i conflitti di quell’area riversano sulla nostra realtà.
Senza contare le possibili ipotesi di intervento diretto o indiretto proprio
nella zona, perché ai medesimi conflitti sia dato un esito nel quale prevalga
la ragione, oltre gli estremismi e le ideologie di sangue. Né possiamo
illuderci che ci possa essere un esito favorevole, scontato e in tempi brevi,
considerando le linee di divisione di quell’area, che sono allo stesso tempo di
carattere religioso, territoriale, di potenza militare ed economica; sorprende
che manchi all’apparenza un conflitto sociale, ma all’interno del conflitto
religioso ci sono probabilmente, ben celate, anche le ragioni di quello.
A conferma di ciò, per
quanto riguarda l’Italia, un recente sondaggio dell’Ispi ha rivelato che la crisi
economica, che pur rimane la principale fonte di preoccupazione per i nostri cittadini,
cede però molti argomenti ai timori derivanti dal terrorismo islamico ed ai problemi
relativi all’immigrazione, il che appunto ribadisce questa rotazione dell’arco
dell’interesse. Il medesimo sondaggio rivela anche una più marcata
considerazione verso Putin piuttosto che verso Obama, come personaggio
maggiormente influente nella politica internazionale. Chiara derivazione
dall’atteggiamento attivo del primo sul fronte siriano - poco importa in quale
direzione - rispetto ad una timidezza del secondo, che è percepita quasi come
un disinteresse. Vedremo, in altra occasione, che non è del tutto così.
Sarebbe però un errore
se gli addetti ai lavori – a differenza dell’opinione pubblica – si limitassero
a considerare un panorama internazionale che si esaurisce su questo momento conflittuale:
il mondo sta anche altrove. A qualcuno potrà sembrare forse strano, perché se
ne parla poco e sta lontano dagli onori delle cronache, ma anche l’Europa, le
cui singole nazioni componenti sono impegnate a considerare a modo loro il
problema dell’immigrazione e conseguenti implicazioni, affronta silenziosamente
il problema delle relazioni esterne e molto di recente ha elaborato le nuove
linee guida sulla politica di vicinato. La politica di vicinato, come si può
capire dal termine, altro non è che il complesso dei rapporti col mondo che la
circonda, intendendo anche un circondario non propriamente delimitato agli
stretti confini. Infatti rientrano in questo concetto di vicinato i paesi non europei
che si affacciano sul Mediterraneo, ivi compresi, oltre Israele, i territori
palestinesi occupati; ma anche tutti i paesi europei che attualmente non fanno
parte dell’Unione con particolare riferimento alle nazioni ex sovietiche.
Proprio queste ultime presenze comportano un delicato problema di rapporti con
la Russia, il suo specifico assetto politico, la sua collocazione strategica.
Peraltro, nel campo dei
rapporti con i paesi mediterranei le intenzioni enunciate rischiano di essere
solo enunciate e solo buone intenzioni, di fronte ad una realtà che guarda manifestamente
ad altro, se è vero che si parla di cooperazione nell’ambito della sicurezza,
di prevenzione del terrorismo e dell’emigrazione clandestina; definizioni che
trovano poi poco riscontro con manovre operative, alcune delle quali attivate,
ma in realtà parziali e con risultati decisamente poco qualificanti.
Probabilmente invece è
diverso l’approccio con l’altra realtà di confine, anche perché comporta
problemi di sviluppo della sicurezza energetica ed ambientale a cui tutti sono
interessati con visione competitiva, ma non conflittuale, almeno nei rapporti
con l’Europa, mentre la conflittualità permane all’interno di quell’area, molto
condizionata dal gioco spregiudicato su vari tavoli con cui Putin cerca di
mantenere una supremazia contestata, ma di valore strategico agli occhi degli
altri.
Su questo versante l’Europa
si presenta complessivamente debole. Deve scontare infatti un atteggiamento errato
in partenza, poi anche proseguito, che, viaggiando in tandem anche con la Nato,
aveva l’obiettivo di utilizzare le nazioni che facevano parte del Patto di Varsavia,
non tanto come un nuovo baluardo, ma come una sorta di rivalsa nei confronti di
una situazione che non c’era più o che comunque si ritrovava ridimensionata ed
indebolita. Oggi queste nazioni, almeno quelle come Polonia, Repubblica Ceca e
Ungheria, caratterizzate tra l’altro da maggioranze politiche poco assimilabili
ai tradizionali assetti europei, costituiscono un impedimento oggettivo allo
sviluppo di una nuova ost-politik, basata sul confronto con la Russia sul piano
delle alleanze e dell’assetto geopolitico, ma anche, perché utile e produttiva
per entrambi i campi, sulla collaborazione nel piano energetico. Senza contare
inoltre che gli assetti politici di questi paesi fanno anche in qualche modo da
riferimento dialettico a quei movimenti che all’interno della vecchia Europa
puntano a rovesciare gli assetti politici tradizionali.
Non si può dire se le
nuove linee guida della politica di vicinato europea si fondino su queste consapevolezze.
Mettono però l’accento sulla necessità di una maggiore cooperazione tra gli stati
e di un maggior impegno su tre grandi campi di sviluppo e d’intervento: quello economico-sociale
e quello della sicurezza sono particolarmente destinati ai paesi nordafricani e
mediorientali, quello della sicurezza energetica ed ambientale rivolto invece
ai rapporti con i paesi europei non facenti parte dell’Unione. Resta il fatto
che nel documento prodotto ed approvato l’approccio è molto realista,
particolarmente su quest’ultima questione: se ciò fa pensare ad una nuova fase
complessa di rapporti col pianeta Russia, sarà da scontare anche una nuova fase
altrettanto complessa di rapporti all’interno dell’Unione.
Un’ultima stringatissima
considerazione. Presi come siamo dai nostri problemi di vicinato, che
maggiormente interferiscono sulle nostre politiche ed anche sulla nostra vita
quotidiana, si tende a trascurare quasi del tutto il fatto che il mondo non è solo
qui. Ma di questo parleremo, forse, un’altra volta.
Silla
Cellino
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