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lunedì 6 luglio 2015

Ferie non godute: l'Inps chiama alla cassa

Un percorso complesso e non sempre indenne da contraddizioni

pubblicato su Consulenza online [Ed. Buffetti] n. 27 del 6 luglio 2015
Come da qualche anno a questa parte tornano puntuali le disposizioni sulla regolarizzazione contributiva delle ferie non godute entro il termine dei diciotto mesi dalla loro maturazione. Per la verità siamo al momento ancora in attesa di riceverle, ma l’argomento ormai è consolidato e quindi riteniamo di non commettere un azzardo se ci anticipiamo un po’.
Facciamo subito una precisazione: tali disposizioni non riguardano la totalità dei datori di lavoro e dei lavoratori, ma solo quei datori di lavoro e quei lavoratori per i quali la contrattazione sindacale, in termini di godimento delle ferie, non dispone altrimenti.  Non ci si riferisce solo alla contrattazione collettiva e nazionale, ma anche a quella decentrata e aziendale, non esclusi accordi conclusi individualmente. Perciò il margine di non applicazione [rectius: di applicazione in tempi diversi] della norma che commenteremo è potenzialmente ampio e altrettanto potenzialmente non definibile.
Anzi, a ben guardare una vera e propria norma non c’è, poiché l’adempimento contributivo di cui si tratta non è direttamente stabilito per legge, ma è conseguenza della definizione che la legge dà delle ferie annuali. Infatti è con il d.lgs. n. 66/2003 e la successiva modifica intervenuta con il d.lgs. n. 213/2004 che si stabilisce che il prestatore di lavoro ha diritto ad un periodo annuale di ferie non inferiore a quattro settimane e che tale periodo va goduto per almeno due settimane, consecutive in caso di richiesta del lavoratore, nel corso dell’anno di maturazione e, per le restanti due settimane, nei diciotto mesi successivi al termine dell’anno di maturazione. Tale disposizione si ritrova in linea con l’art. 9 della Convenzione OIL n. 132/1970, affermante il principio che le ferie vanno godute entro il 18° mese successivo al termine solare di maturazione. La contrattazione collettiva però, di qualsiasi livello anche quello aziendale, può stabilire in deroga riguardo ai periodi di godimento. Pertanto il collegamento rimane di origine, ma soprattutto di natura previdenziale: già istruzioni dell’Inps, fin dal 1999 con la circolare n. 186 avevano fornito le modalità di comportamento in proposito, anche con esplicito riferimento ai principi espressi nella già citata, poi successivamente la circolare n. 15 del 2002 riassumeva i termini dell’obbligazione, sia per quanto riguarda il momento impositivo ai fini previdenziali del compenso per ferie non godute, sia il relativo assoggettamento a contribuzione.
Il momento impositivo ed il conseguente assoggettamento a contribuzione, a parere dell’Inps, possono essere individuati con riferimento alla volontà delle parti, se espressa, o in mancanza con riferimento alla legge, ossia al compimento del diciottesimo mese successivo al termine dell’anno di maturazione. La volontà delle parti si può formare con disposizioni contrattuali, con regolamenti aziendali o anche con pattuizioni individuali. In questo caso il momento impositivo e la collocazione temporale dei contributi dovuti sul compenso ferie scatterà in occasione del godimento delle ferie o, se non godute, al termine di scadenza previsto dalla pattuizione. Va da sé che tale individuazione del momento impositivo e del periodo di assoggettamento non impedisce al lavoratore di usufruire ugualmente delle ferie in periodo successivo: in tale ipotesi la contribuzione sulle somme che il lavoratore percepisce non è più dovuta essendo stata assolta in precedenza, salvo le differenza di imponibile previdenziale che si possono registrare al momento della erogazione successiva: in questo caso sono previsti particolari accorgimenti tecnici di cui vedremo in seguito.
Tale è peraltro la linea di condotta confermata dalla più recente circolare n. 36 del 21 dicembre 2007 con riferimento anche ad interpello 5221/2006: e cioè che l’obbligo contributivo relativo alle ferie non usufruite nel normale periodo di godimento si manifesta alla scadenza del termine legale o di quello contrattuale, sia che questo sia stato stabilito nei diciotto mesi successivi al termine solare di maturazione sia diversamente per effetto di contrattazione collettiva o anche di accordi individuali. Questo orientamento è rimasto costante anche negli anni successivi e pertanto sarà alla base anche degli adempimenti in scadenza con la contribuzione relativa al diciottesimo mese decorrente dal 31 dicembre 2013, beninteso per tutte le situazioni che non abbiano diversa pattuizione contrattuale, nella quale sarà ricompreso all’interno dell’imponibile contributivo anche quello relativo alle ferie non godute entro i termini.
C’è tuttavia da chiarire che anche il termine dei diciotto mesi non può considerarsi perentorio, in quanto può essere assoggettabile a pause sospensive corrispondenti ad ipotesi oggettive derogatorie dell’ordinaria fruizione delle ferie e pertanto deve essere prolungato del termine relativo alla pausa intercorsa. Tali pause possono essere rilevate in diverse fattispecie che l’interpello 19/2011 del Ministero del Lavoro riassume nei casi di sospensione del rapporto di lavoro, ovvero forme di protratta inattività quali la maternità obbligatoria e facoltativa, la malattia oltre un certo limite, l’infortunio, l’aspettativa, gli interventi a sostegno del reddito e anche a carattere  straordinario, quindi tutte le ipotesi di cassa integrazione.
Veniamo alle note tecniche. L’Inps ha stabilito, come ricordato nella circolare 15/2002, che in via normale, ossia nell’ipotesi che pattuizioni collettive o individuali non dispongano altrimenti, il momento impositivo è il mese successivo a quello di scadenza delle ferie, quindi il mese di luglio. I datori di lavoro pertanto sommeranno alla retribuzione imponibile di questo mese anche l’importo corrispondente al compenso per ferie non godute. Attenzione però, perché può essere fatta una distinzione tra ferie non godute corrispondenti ai minimi di legge - ossia quattro settimane - e quelle di misura maggiore eventualmente previste dalla contrattazione collettiva: la domanda è se l’eccedenza riguardi solo la prima specie oppure coinvolga anche i periodi di ferie ulteriori rispetto alle quattro settimane minime di legge. L’Inps con la circolare 136/2007 e la successiva 7/2010 dispone per la seconda soluzione senza però darne una motivazione, mentre permane invece il dubbio di una incongruenza o della mancanza di una logica di collegamento tra un presupposto amministrativo che fa riferimento a dei minimali di legge ed una soluzione amministrativa imposta che va oltre a detti minimali.
Non indenne da perplessità e complicazioni anche il percorso successivo. Infatti al momento dell’effettiva utilizzazione delle ferie da parte del lavoratore si pone in primo luogo il problema che comunque l’utilizzazione è avvenuta al di là della scadenza dei diciotto mesi, ancorché a contribuzione assolta, il che non esonera il datore di lavoro dalla responsabilità di non aver correttamente operato nella logica della Convenzione OIL e della legge che nel nostro paese ne accoglie i principi, ossia il citato d.lgs. 213/2004 lasciando pertanto lo stesso datore di lavoro esposto al rischio di una sanzione amministrativa  d’importo variabile da 130 a 780 euro per ogni lavoratore interessato dall’inadempienza.
Un ulteriore aspetto, se non critico però da tener di conto, riguarda l’incrocio tra la contribuzione interamente dovuta e quella a carico del dipendente. Infatti nella sistemazione contributiva del diciottesimo mese l’azienda dovrà versare l’intero importo, sia per la parte a suo carico sia per quella a carico del dipendente; e in questo caso dovrà orientarsi se registrare un credito nei confronti del dipendente, recuperabile all’atto dell’effettivo godimento delle ferie, oppure trattenere l’importo complessivo già dalla busta paga del mese di luglio con aggravio anticipato a carico del dipendente. Si tratta di scelta non facile soprattutto in aziende di una certa dimensione.
Da un punto di vista meramente tecnico, l’Inps nella citata circolare n. 7 del 15 gennaio 2010, alla cui lettura facciamo rinvio per brevità di esposizione, ha stabilito le procedure operative relative all’obbligo contributivo in oggetto e, contemporaneamente, una modalità semplificata per il recupero dei contributi sul compenso ferie non godute a partire dal periodo gennaio 2010, a mezzo della quale il datore del lavoro, al momento in cui le ferie sono usufruite, può modificare in diminuzione l’imponibile dell’anno e del mese in cui è stato assoggettato a contribuzione il compenso per ferie non godute, recuperando contemporaneamente la parte corrispondente della contribuzione già versata.
Nel dibattito intorno all’istituto ferie si situa anche quello relativo alla contribuzione dovuta per i permessi ROL e per le ex festività soppresse. Ambedue le fattispecie hanno natura contrattuale e attorno ad esse si può ragionare anche in termini di principio di competenza, ma non è sempre detto che la competenza debba far necessariamente cassa, né per questi specifici istituti può soccorrere un principio di natura internazionale e come tale internazionalmente accettato come la Convenzione OIL. Perciò starà ai singoli CCNL applicati stabilire i termini in cui tali permessi dovranno essere necessariamente fruiti ed eventualmente considerare questo termine ai fini della regolarizzazione contributiva; se il termine non viene stabilito si presume che la regolarizzazione debba avvenire per cassa al momento dell’utilizzo del permesso o alla fine del rapporto per i residui permessi non utilizzati e convertiti in retribuzione. Così anche l’Inps, sia pur con la dovuta prudenza, con circolare 92 e messaggio 14605 del 2011.

Concludo con un breve accenno di natura contabile. Sappiamo che al termine di ogni esercizio le ferie maturate, ma non utilizzate dai dipendenti costituiscono un costo composto da emolumenti e oneri sociali previsti e di diretta imputazione, che va a sommarsi ai costi delle ferie già utilizzate, mentre il relativo debito, sia nei confronti dei dipendenti che degli istituti, è accantonato in una posta del passivo dello stato patrimoniale. Al momento ci riferiamo alla situazione contabilizzata per il 2013. Nel corso dell’esercizio 2014 le ferie possono essere state utilizzate in tutto o in parte e in questo caso la rilevazione economica potrà riguardare solo eventuali differenze retributive intervenute tra i livelli di accantonamento dell’esercizio precedente ed il momento di effettuazione delle ferie. Se sono state utilizzate per intero, il fondo per il 2013 viene eliminato, ma se non sono state utilizzate o sono state utilizzate solo in parte il fondo dovrà essere adeguato tenendo conto delle eventuali differenze retributive intervenute ed i conseguenti riflessi sul piano contributivo. Contemporaneamente, se del caso, sarà costituito il fondo per il 2014. Alla scadenza dei diciotto mesi relativi alle ferie maturate per il 2013 non ci sarà bisogno di alcun adeguamento, perché le eventuali differenze maturate andranno ad influire direttamente sul conto economico del 2015, come del resto logico e corretto. 

Silla Cellino

2 commenti:

  1. il lavoratore sulle ferie post 18 mesi non godute pagherà i contributi in busta paga sulle ferie non ancora usufruite?

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  2. Ho già scritto nell'articolo che l'azienda paga all'Inps l'intero importo. Circa il recupero nei confronti del dipendente il problema è aperto. A mio avviso sarebbe opportuno risolverlo in sede di accordo sindacale, quando possibile.

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