Un
percorso complesso e non sempre indenne da
contraddizioni
pubblicato su Consulenza online [Ed. Buffetti] n. 27 del 6 luglio 2015
Come da qualche anno a questa
parte tornano puntuali le disposizioni sulla regolarizzazione contributiva
delle ferie non godute entro il termine dei diciotto mesi dalla loro
maturazione. Per la verità siamo al momento ancora in attesa di riceverle, ma
l’argomento ormai è consolidato e quindi riteniamo di non commettere un azzardo
se ci anticipiamo un po’.
Facciamo subito una
precisazione: tali disposizioni non riguardano la totalità dei datori di lavoro
e dei lavoratori, ma solo quei datori di lavoro e quei lavoratori per i quali
la contrattazione sindacale, in termini di godimento delle ferie, non dispone
altrimenti. Non ci si riferisce solo
alla contrattazione collettiva e nazionale, ma anche a quella decentrata e
aziendale, non esclusi accordi conclusi individualmente. Perciò il margine di
non applicazione [rectius: di
applicazione in tempi diversi] della norma che commenteremo è potenzialmente
ampio e altrettanto potenzialmente non definibile.
Anzi, a ben guardare una vera e
propria norma non c’è, poiché l’adempimento contributivo di cui si tratta non è
direttamente stabilito per legge, ma è conseguenza della definizione che la
legge dà delle ferie annuali. Infatti è con il d.lgs. n. 66/2003 e la
successiva modifica intervenuta con il d.lgs. n. 213/2004 che si stabilisce che
il prestatore di lavoro ha diritto ad un
periodo annuale di ferie non inferiore a quattro settimane e che tale periodo va goduto per almeno due settimane,
consecutive in caso di richiesta del lavoratore, nel corso dell’anno di maturazione
e, per le restanti due settimane, nei diciotto mesi successivi al termine
dell’anno di maturazione. Tale disposizione si ritrova in linea con l’art.
9 della Convenzione OIL n. 132/1970, affermante il principio che le ferie vanno
godute entro il 18° mese successivo al termine solare di maturazione. La
contrattazione collettiva però, di qualsiasi livello anche quello aziendale,
può stabilire in deroga riguardo ai periodi di godimento. Pertanto il
collegamento rimane di origine, ma soprattutto di natura previdenziale: già
istruzioni dell’Inps, fin dal 1999 con la circolare n. 186 avevano fornito le
modalità di comportamento in proposito, anche con esplicito riferimento ai
principi espressi nella già citata, poi successivamente la circolare n. 15 del
2002 riassumeva i termini dell’obbligazione, sia per quanto riguarda il momento
impositivo ai fini previdenziali del compenso per ferie non godute, sia il
relativo assoggettamento a contribuzione.
Il momento impositivo ed il
conseguente assoggettamento a contribuzione, a parere dell’Inps, possono essere
individuati con riferimento alla volontà delle parti, se espressa, o in
mancanza con riferimento alla legge, ossia al compimento del diciottesimo mese
successivo al termine dell’anno di maturazione. La volontà delle parti si può
formare con disposizioni contrattuali, con regolamenti aziendali o anche con pattuizioni
individuali. In questo caso il momento impositivo e la collocazione temporale
dei contributi dovuti sul compenso ferie scatterà in occasione del godimento
delle ferie o, se non godute, al termine di scadenza previsto dalla
pattuizione. Va da sé che tale individuazione del momento impositivo e del periodo
di assoggettamento non impedisce al lavoratore di usufruire ugualmente delle
ferie in periodo successivo: in tale ipotesi la contribuzione sulle somme che
il lavoratore percepisce non è più dovuta essendo stata assolta in precedenza,
salvo le differenza di imponibile previdenziale che si possono registrare al momento
della erogazione successiva: in questo caso sono previsti particolari accorgimenti
tecnici di cui vedremo in seguito.
Tale è peraltro la linea di
condotta confermata dalla più recente circolare n. 36 del 21 dicembre 2007 con
riferimento anche ad interpello 5221/2006: e cioè che l’obbligo contributivo
relativo alle ferie non usufruite nel normale periodo di godimento si manifesta
alla scadenza del termine legale o di quello contrattuale, sia che questo sia
stato stabilito nei diciotto mesi successivi al termine solare di maturazione
sia diversamente per effetto di contrattazione collettiva o anche di accordi
individuali. Questo orientamento è rimasto costante anche negli anni successivi
e pertanto sarà alla base anche degli adempimenti in scadenza con la contribuzione
relativa al diciottesimo mese decorrente dal 31 dicembre 2013, beninteso per
tutte le situazioni che non abbiano diversa pattuizione contrattuale, nella
quale sarà ricompreso all’interno dell’imponibile contributivo anche quello relativo
alle ferie non godute entro i termini.
C’è tuttavia da chiarire che
anche il termine dei diciotto mesi non può considerarsi perentorio, in quanto
può essere assoggettabile a pause sospensive corrispondenti ad ipotesi
oggettive derogatorie dell’ordinaria fruizione delle ferie e pertanto deve
essere prolungato del termine relativo alla pausa intercorsa. Tali pause
possono essere rilevate in diverse fattispecie che l’interpello 19/2011 del Ministero
del Lavoro riassume nei casi di sospensione del rapporto di lavoro, ovvero
forme di protratta inattività quali la maternità obbligatoria e facoltativa, la
malattia oltre un certo limite, l’infortunio, l’aspettativa, gli interventi a
sostegno del reddito e anche a carattere
straordinario, quindi tutte le ipotesi di cassa integrazione.
Veniamo alle note tecniche. L’Inps
ha stabilito, come ricordato nella circolare 15/2002, che in via normale, ossia
nell’ipotesi che pattuizioni collettive o individuali non dispongano
altrimenti, il momento impositivo è il mese successivo a quello di scadenza
delle ferie, quindi il mese di luglio. I datori di lavoro pertanto sommeranno
alla retribuzione imponibile di questo mese anche l’importo corrispondente al
compenso per ferie non godute. Attenzione però, perché può essere fatta una
distinzione tra ferie non godute corrispondenti ai minimi di legge - ossia
quattro settimane - e quelle di misura maggiore eventualmente previste dalla
contrattazione collettiva: la domanda è se l’eccedenza riguardi solo la prima
specie oppure coinvolga anche i periodi di ferie ulteriori rispetto alle
quattro settimane minime di legge. L’Inps con la circolare 136/2007 e la
successiva 7/2010 dispone per la seconda soluzione senza però darne una
motivazione, mentre permane invece il dubbio di una incongruenza o della
mancanza di una logica di collegamento tra un presupposto amministrativo che fa
riferimento a dei minimali di legge ed una soluzione amministrativa imposta che
va oltre a detti minimali.
Non indenne da perplessità e
complicazioni anche il percorso successivo. Infatti al momento dell’effettiva
utilizzazione delle ferie da parte del lavoratore si pone in primo luogo il
problema che comunque l’utilizzazione è avvenuta al di là della scadenza dei
diciotto mesi, ancorché a contribuzione assolta, il che non esonera il datore
di lavoro dalla responsabilità di non aver correttamente operato nella logica
della Convenzione OIL e della legge che nel nostro paese ne accoglie i principi,
ossia il citato d.lgs. 213/2004 lasciando pertanto lo stesso datore di lavoro esposto
al rischio di una sanzione amministrativa
d’importo variabile da 130 a 780 euro per ogni lavoratore interessato
dall’inadempienza.
Un ulteriore aspetto, se non
critico però da tener di conto, riguarda l’incrocio tra la contribuzione
interamente dovuta e quella a carico del dipendente. Infatti nella sistemazione
contributiva del diciottesimo mese l’azienda dovrà versare l’intero importo,
sia per la parte a suo carico sia per quella a carico del dipendente; e in
questo caso dovrà orientarsi se registrare un credito nei confronti del
dipendente, recuperabile all’atto dell’effettivo godimento delle ferie, oppure
trattenere l’importo complessivo già dalla busta paga del mese di luglio con
aggravio anticipato a carico del dipendente. Si tratta di scelta non facile
soprattutto in aziende di una certa dimensione.
Da un punto di vista meramente
tecnico, l’Inps nella citata circolare n. 7 del 15 gennaio 2010, alla cui
lettura facciamo rinvio per brevità di esposizione, ha stabilito le procedure
operative relative all’obbligo contributivo in oggetto e, contemporaneamente,
una modalità semplificata per il recupero dei contributi sul compenso ferie non
godute a partire dal periodo gennaio 2010, a mezzo della quale il datore del
lavoro, al momento in cui le ferie sono usufruite, può modificare in
diminuzione l’imponibile dell’anno e del mese in cui è stato assoggettato a
contribuzione il compenso per ferie non godute, recuperando contemporaneamente
la parte corrispondente della contribuzione già versata.
Nel dibattito intorno
all’istituto ferie si situa anche quello relativo alla contribuzione dovuta per
i permessi ROL e per le ex festività soppresse. Ambedue le fattispecie hanno
natura contrattuale e attorno ad esse si può ragionare anche in termini di
principio di competenza, ma non è sempre detto che la competenza debba far
necessariamente cassa, né per questi specifici istituti può soccorrere un
principio di natura internazionale e come tale internazionalmente accettato
come la Convenzione OIL. Perciò starà ai singoli CCNL applicati stabilire i
termini in cui tali permessi dovranno essere necessariamente fruiti ed
eventualmente considerare questo termine ai fini della regolarizzazione
contributiva; se il termine non viene stabilito si presume che la
regolarizzazione debba avvenire per cassa al momento dell’utilizzo del permesso
o alla fine del rapporto per i residui permessi non utilizzati e convertiti in
retribuzione. Così anche l’Inps, sia pur con la dovuta prudenza, con circolare
92 e messaggio 14605 del 2011.
Concludo con un breve accenno
di natura contabile. Sappiamo che al termine di ogni esercizio le ferie
maturate, ma non utilizzate dai dipendenti costituiscono un costo composto da
emolumenti e oneri sociali previsti e di diretta imputazione, che va a sommarsi
ai costi delle ferie già utilizzate, mentre il relativo debito, sia nei
confronti dei dipendenti che degli istituti, è accantonato in una posta del passivo
dello stato patrimoniale. Al momento ci riferiamo alla situazione contabilizzata
per il 2013. Nel corso dell’esercizio 2014 le ferie possono essere state utilizzate
in tutto o in parte e in questo caso la rilevazione economica potrà riguardare
solo eventuali differenze retributive intervenute tra i livelli di
accantonamento dell’esercizio precedente ed il momento di effettuazione delle
ferie. Se sono state utilizzate per intero, il fondo per il 2013 viene
eliminato, ma se non sono state utilizzate o sono state utilizzate solo in
parte il fondo dovrà essere adeguato tenendo conto delle eventuali differenze
retributive intervenute ed i conseguenti riflessi sul piano contributivo.
Contemporaneamente, se del caso, sarà costituito il fondo per il 2014. Alla
scadenza dei diciotto mesi relativi alle ferie maturate per il 2013 non ci sarà
bisogno di alcun adeguamento, perché le eventuali differenze maturate andranno
ad influire direttamente sul conto economico del 2015, come del resto logico e
corretto.
Silla Cellino
il lavoratore sulle ferie post 18 mesi non godute pagherà i contributi in busta paga sulle ferie non ancora usufruite?
RispondiEliminaHo già scritto nell'articolo che l'azienda paga all'Inps l'intero importo. Circa il recupero nei confronti del dipendente il problema è aperto. A mio avviso sarebbe opportuno risolverlo in sede di accordo sindacale, quando possibile.
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