Le
questioni energetiche, la lunga gestazione dell’eredità ex sovietica, la nuova multipolarità mondiale, le
conseguenze globali dello scontro in atto nel mondo islamico hanno cambiato in
tutto le vecchie logiche intercontinentali e forse anche quelle continentali
Però
se c’è un vantaggio rispetto a prima, per chi abbia un po’ il pallino di dare
un’occhiata anche al di fuori dei propri confini, è che l’interesse va puntato
in tante direzioni e di sicuro non ci si annoia. Prendiamo ad esempio l’ultimo
vertice europeo, tradizionale arena di frasi fatte e sbadigli. Ebbene, se n’è
viste – moderatamente – di carine e anche promettenti per un futuro
continentale meno intirizzito e noioso. Tanto per cominciare passa un concetto
guida sugli investimenti per le grandi opere che mette da una parte
l’interpretazione rigida del patto di stabilità; ma l’aspetto più interessante
è che questo nuovo corso avviene per ispirazione della nuova e chiacchierata
dirigenza continentale, con il sostegno di paesi importanti ed in assetto
instabile come la Francia e l’Italia e il freno tirato, se non proprio la
chiusura da parte della Germania. Nessuna novità sui temi di confronto, solo le
posizioni registrano passaggi ed anche l’istituzione per la prima volta esce
dalle sue rigidità.
Ma
la vivacità maggiore si registra sul piano dei rapporti con i confinanti
dell’Unione. Lasciando per un momento da parte il Mediterraneo, l’attenzione si
concentra con le relazioni ad est, di cui il conflitto russo-ucraino con i suoi
problemi di difficile posizionamento rappresenta solo una parte. Gli attori
europei infatti sono consapevoli che esiste in primo luogo un problema Russia,
denso di contraddizioni tra potenza economica e fragilità interna, ma anche nei
rapporti con le nazioni vicine, esse stesse segnate da diverse linee di
frattura. Gli stessi attori europei hanno però difficoltà ad esprimere una
linea comune tra chi è favorevole a sostenere in modo più o meno acritico la
strategia americana delle sanzioni e chi invece ritiene che, indipendentemente
dal giudizio negativo sui suoi comportamenti con la vicina Ucraina, la Russia
sia non solo un elemento importante dell’equilibrio mondiale, ma anche un
partner indispensabile per la risoluzione delle grandi questioni.
Questa
frattura è cavalcata principalmente dalla Germania, ma trova una ragione
lontana nel vecchio limite di fondo in fase di costruzione di questa
Europa, una realtà che con gli arrivi successivi alla caduta del muro di
Berlino si è rivelata non omogenea socialmente e culturalmente, né molto si è
fatto per superare questa disomogeneità che, segnatamente con la Polonia ed i
paesi baltici, tutti peraltro in controtendenza con la crisi generale, è
animata anche da uno spirito di rivalità, se non proprio talvolta di revanche,
nei confronti della Russia.
Definire
una posizione italiana in questo concerto non è facile e la presenza dei nostri
rappresentanti in Europa e dei nostri governanti sconta una difficoltà di
natura interna. L’atteggiamento di pancia e con un certo seguito nel paese è contrario
alla Russia, a causa dei suoi ruggiti e
anche delle azioni dirette nei confronti dell’Ucraina, il che fa breccia in una
certa opinione pubblica filoeuropea di vecchia maniera. Inoltre, a vedere anche
di una certa sinistra Putin è stato il becchino dell’esperienza comunista sovietica
ed è anche o è stato un amico di Berlusconi e quindi anche su questo lato ce n’è
e ne avanza per essergli contro. Solo un comico naturale come Salvini può porsi
in contrasto con questa tendenza generale, ma la natura del suo atteggiamento è
più da ricercarsi nel desiderio di stupire che non quello di disegnare strategie.
Le
ragioni della realpolitik però trascendono queste motivazioni. La questione
energetica riveste un’urgenza particolare e anche se valide alternative già esistono
in parte o possono essere adeguatamente preparate, la sua considerazione rimane
al centro dei rapporti della Russia con l’Europa e in primo luogo dei paesi,
tra cui il nostro, che su questa collaborazione fanno conto. Ma queste ragioni risaltano
in maniera ancor più evidente, in considerazione del ruolo che la Russia stessa
svolge come potenza economica e come espressione geografica, se non altro per
la sua posizione a cavallo tra Europa ed Asia, ma ancor più per il suo
tradizionale ruolo di natura geopolitica a cui ha sempre legato le proprie
scelte, spesso condizionanti, di natura internazionale.
E’
possibile perciò che questa possa essere una chiave di lettura per l’atteggiamento
che il governo italiano ha assunto all’interno dell’Unione europea nel dibattito
e nel concerto su questi argomenti, magari con un certo ritardo e contraddicendo
in parte anche gli umori presenti nel proprio paese. Peraltro, anche se non
direttamente collegabile all’azione di governo, il recente colloquio di Romano
Prodi con Putin s’inscrive in questa direzione e in questa logica.
Resta
però la necessità di porre attenzione anche a come l’Europa nel suo complesso
ed i suoi paesi più rappresentativi in particolare considerano la questione e
come la stessa Europa la inscrive nella sua strategia generale, ammesso che,
dopo il fallimento di Lady Ashton e l’avvento della Mogherini, esista o possa
esistere nel concerto dei paesi e con il loro consenso una strategia generale
dell’Europa in politica internazionale. E’ necessario però che l’unione
politica continentale non si presenti in ordine sparso e trovi al suo interno
una composizione accettabile delle sue diverse interpretazioni. Queste ultime hanno
diverse origini, di cui non bisogna limitarsi a constatare un carattere solo
storico, ma occorre indagare le motivazioni politiche, anche di momento. Di quest’argomento
proveremo ad occuparci in una prossima occasione.
Silla Cellino
[pubblicato su pensalibero.it del 28 dicembre 2014]
[pubblicato su pensalibero.it del 28 dicembre 2014]
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