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sabato 20 dicembre 2014

Sulla Russia l'accordo non c'è in Europa, ma va trovato

Le questioni energetiche, la lunga gestazione dell’eredità ex  sovietica, la nuova multipolarità mondiale, le conseguenze globali dello scontro in atto nel mondo islamico hanno cambiato in tutto le vecchie logiche intercontinentali e forse anche quelle continentali

Però se c’è un vantaggio rispetto a prima, per chi abbia un po’ il pallino di dare un’occhiata anche al di fuori dei propri confini, è che l’interesse va puntato in tante direzioni e di sicuro non ci si annoia. Prendiamo ad esempio l’ultimo vertice europeo, tradizionale arena di frasi fatte e sbadigli. Ebbene, se n’è viste – moderatamente – di carine e anche promettenti per un futuro continentale meno intirizzito e noioso. Tanto per cominciare passa un concetto guida sugli investimenti per le grandi opere che mette da una parte l’interpretazione rigida del patto di stabilità; ma l’aspetto più interessante è che questo nuovo corso avviene per ispirazione della nuova e chiacchierata dirigenza continentale, con il sostegno di paesi importanti ed in assetto instabile come la Francia e l’Italia e il freno tirato, se non proprio la chiusura da parte della Germania. Nessuna novità sui temi di confronto, solo le posizioni registrano passaggi ed anche l’istituzione per la prima volta esce dalle sue rigidità.
Ma la vivacità maggiore si registra sul piano dei rapporti con i confinanti dell’Unione. Lasciando per un momento da parte il Mediterraneo, l’attenzione si concentra con le relazioni ad est, di cui il conflitto russo-ucraino con i suoi problemi di difficile posizionamento rappresenta solo una parte. Gli attori europei infatti sono consapevoli che esiste in primo luogo un problema Russia, denso di contraddizioni tra potenza economica e fragilità interna, ma anche nei rapporti con le nazioni vicine, esse stesse segnate da diverse linee di frattura. Gli stessi attori europei hanno però difficoltà ad esprimere una linea comune tra chi è favorevole a sostenere in modo più o meno acritico la strategia americana delle sanzioni e chi invece ritiene che, indipendentemente dal giudizio negativo sui suoi comportamenti con la vicina Ucraina, la Russia sia non solo un elemento importante dell’equilibrio mondiale, ma anche un partner indispensabile per la risoluzione delle grandi questioni.
Questa frattura è cavalcata principalmente dalla Germania, ma trova una ragione lontana nel vecchio limite di fondo in fase di costruzione di questa Europa, una realtà che con gli arrivi successivi alla caduta del muro di Berlino si è rivelata non omogenea socialmente e culturalmente, né molto si è fatto per superare questa disomogeneità che, segnatamente con la Polonia ed i paesi baltici, tutti peraltro in controtendenza con la crisi generale, è animata anche da uno spirito di rivalità, se non proprio talvolta di revanche, nei confronti della Russia.
Definire una posizione italiana in questo concerto non è facile e la presenza dei nostri rappresentanti in Europa e dei nostri governanti sconta una difficoltà di natura interna. L’atteggiamento di pancia e con un certo seguito nel paese è contrario alla Russia, a causa  dei suoi ruggiti e anche delle azioni dirette nei confronti dell’Ucraina, il che fa breccia in una certa opinione pubblica filoeuropea di vecchia maniera. Inoltre, a vedere anche di una certa sinistra Putin è stato il becchino dell’esperienza comunista sovietica ed è anche o è stato un amico di Berlusconi e quindi anche su questo lato ce n’è e ne avanza per essergli contro. Solo un comico naturale come Salvini può porsi in contrasto con questa tendenza generale, ma la natura del suo atteggiamento è più da ricercarsi nel desiderio di stupire che non quello di disegnare strategie.
Le ragioni della realpolitik però trascendono queste motivazioni. La questione energetica riveste un’urgenza particolare e anche se valide alternative già esistono in parte o possono essere adeguatamente preparate, la sua considerazione rimane al centro dei rapporti della Russia con l’Europa e in primo luogo dei paesi, tra cui il nostro, che su questa collaborazione fanno conto. Ma queste ragioni risaltano in maniera ancor più evidente, in considerazione del ruolo che la Russia stessa svolge come potenza economica e come espressione geografica, se non altro per la sua posizione a cavallo tra Europa ed Asia, ma ancor più per il suo tradizionale ruolo di natura geopolitica a cui ha sempre legato le proprie scelte, spesso condizionanti, di natura internazionale.
E’ possibile perciò che questa possa essere una chiave di lettura per l’atteggiamento che il governo italiano ha assunto all’interno dell’Unione europea nel dibattito e nel concerto su questi argomenti, magari con un certo ritardo e contraddicendo in parte anche gli umori presenti nel proprio paese. Peraltro, anche se non direttamente collegabile all’azione di governo, il recente colloquio di Romano Prodi con Putin s’inscrive in questa direzione e in questa logica.
Resta però la necessità di porre attenzione anche a come l’Europa nel suo complesso ed i suoi paesi più rappresentativi in particolare considerano la questione e come la stessa Europa la inscrive nella sua strategia generale, ammesso che, dopo il fallimento di Lady Ashton e l’avvento della Mogherini, esista o possa esistere nel concerto dei paesi e con il loro consenso una strategia generale dell’Europa in politica internazionale. E’ necessario però che l’unione politica continentale non si presenti in ordine sparso e trovi al suo interno una composizione accettabile delle sue diverse interpretazioni. Queste ultime hanno diverse origini, di cui non bisogna limitarsi a constatare un carattere solo storico, ma occorre indagare le motivazioni politiche, anche di momento. Di quest’argomento proveremo ad occuparci in una prossima occasione.

Silla Cellino

[pubblicato su pensalibero.it del 28 dicembre 2014]



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