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venerdì 12 dicembre 2014

Renzi dall’Italia al mondo

Ma sulla scena gli attori 
sono cresciuti di numero 
e ognuno gioca per conto suo

Si è manifestato di recente un certo attivismo per quanto riguarda l’attenzione italiana alla scena internazionale. Attivismo è cosa diversa, anche qualitativamente, da fase di attenzione, però è ugualmente inusuale per le abitudini italiane, almeno quelle recenti. Mogherini e Gentiloni svolgono il loro ruolo, ma è direttamente Renzi che maggiormente fa sentire la sua presenza, probabilmente sulla scia della sua politica di movimento e magari per farsi notare in una dimensione più ampia di quella italiana. Può darsi, ma è un fatto che da un po’ di tempo non sta fermo un momento e rivolge con frequenza sempre maggiore l’attenzione fuori dei confini, con una certa prevalenza per l’area mediterranea.

Per la verità, già fin dall’ultima Leopolda il presidente del Consiglio aveva cercato di riportare anche la situazione internazionale al centro dell’impegno politico e lo ha fatto partendo da un assunto ben preciso, cioè che la fine della guerra fredda non aveva determinato solo la fine di una certa concezione della politica internazionale, con la necessità di un nuovo approccio. Questo invece si sarebbe manifestato partendo dall’analisi e presa in carico di tutte quelle situazioni di confronto che nel periodo della guerra fredda erano ridotte ad un ruolo regionale, latenti o subalterne e che dopo invece sono riemerse affrancate dal condizionamento bipolare. Chiaro che non si trattava di una grande scoperta, ma aver considerato questa realtà come portante per una iniziativa politica costituiva pur sempre una novità rispetto alle deludenti esperienze degli ultimi vent’anni, con l’eccezione forse del governo D’Alema, che però ebbe il poco invidiabile merito di riportarci dopo cinquant’anni ad un’avventura di guerra.

Restare su questo assunto però non può bastare. C’è bisogno anche di qualche aggiornamento di metodo e poi anche di prospettiva, dato che, accanto a questa realtà ormai non più nuova e come sua conseguenza, la geopolitica torna dopo un secolo ad essere l’asse portante per l’interpretazione delle cose del mondo e l’individuazione degli scacchieri più critici cui prestare attenzione o dove è possibile essere protagonisti, se si vuole. Così è naturale che oggi un occhio particolare venga rivolto verso il Mediterraneo, area di cui l’Italia è particolarmente intrisa in tanti sensi; e che anche la questione energetica interessi e coinvolga le relazioni internazionali dipendenti da vicende politiche, alleanze e presenza di conflitti nell’Europa orientale con possibile interessamento anche delle prime propaggini asiatiche. Però ci sono anche questioni, sempre di natura geopolitica, che vanno al di là dei confini regionali e che condizionano i comportamenti di nazioni, potenze maggiori e minori, popoli e popolazioni; infatti oltre la questione energetica, la più pubblicizzata, acquistano rilevanza sempre crescente le implicazioni strategiche di altri approvvigionamenti ugualmente vitali, di acqua oppure di risorse agricole oppure ancora di biocarburanti e attorno a questi si muovono politiche e strategie di respiro mondiale.

In una situazione di questo genere non mancano gli appelli o i tentativi per giungere ad un nuovo ordine mondiale, naturalmente sotto l’egida americana, con USA più forti e più presenti che nella declinante epoca obamiana, ma si capisce subito che oggi gli attori mondiali hanno ben altra consistenza e soprattutto altre necessità rispetto a quanto nelle politiche regionali veniva loro lasciato nel periodo della guerra fredda. La multipolarità non è più solo un’esigenza, ma si avvia a diventare o è già diventata un dato di fatto.

Ecco perché le iniziative di Renzi devono essere accolte con favore, se viste nel quadro di una rinnovata presenza italiana nella dialettica internazionale; e sia che questo avvenga in direzione Europa oppure in direzione Mediterraneo, che poi ricomprende anche tutte le preoccupazioni riguardo al conflitto interno al mondo islamico. Però da questo attivismo non traspare ancora la consapevolezza che dalla fine della guerra fredda è passato ormai molto tempo e che gli attori non sono più quelli di una volta o, se sono gli stessi, hanno subito però molte trasformazioni. Gli esperti della Farnesina hanno sicuramente ben presente il problema, anche se tutto questo dall’attivismo renziano non traspare, ma è necessario che se ne prenda rapidamente atto per evitare il rischio che l’Italia non abbia una politica estera, ma nella migliore delle ipotesi soltanto una pluralità di politiche territoriali.


Silla Cellino

articolo pubblicato su pensalibero.it del 15 dicembre 2014

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