di prossima pubblicazione sulla rivista Consulenza, ed. Buffetti
E’ consentito ad un’impresa appaltatrice utilizzare la tipologia contrattuale del lavoro intermittente per l’assunzione di personale addetto all’attività di servizio e di cucina negli alberghi? Un genitore vedovo con figlio convivente di età inferiore a 12 anni può chiedere ed aver diritto di essere esonerato dal lavoro notturno? Quali sono le condizioni in base alle quali un lavoratore dipendente ha diritto di fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito per assistenza a persona handicappata? Sono questi i quesiti a cui la Direzione generale per l’attività ispettiva del Ministero del Lavoro ha dato risposta negli interpelli n. 17, 18 e 19 del 26 giugno e che di seguito cercheremo brevemente di esporre.
1.
Appalto di servizi e lavoro intermittente
Il quesito posto all’Amministrazione
scaturisce da un dubbio legittimo. Non è infatti in questione se l’utilizzo del
lavoro intermittente per attività di servizio e di cucina negli alberghi sia possibile
da parte dell’azienda che svolge direttamente l’attività alberghiera, poiché
l’art. 34 e poi anche l’art. 40 del d.lgs. 276/2003 rimettono alla
contrattazione collettiva la facoltà e l’organizzazione di questo tipo
d’interventi, stabilendo anche che, nel caso in cui la contrattazione
collettiva non disponesse in merito, sarebbe lo stesso Ministero del lavoro a
determinare il campo delle tipologie per il lavoro a chiamata e quindi anche
per il lavoro intermittente. Tale adempimento da parte del ministero si è
realizzato con l’emanazione del decreto in data 23 ottobre 2004 nel quale le
tipologie venivano individuate in quelle già contenute del RD 2657 del 6
dicembre 1923. Stabiliva il decreto ministeriale che tali occupazioni potevano
essere prese, in via transitoria ed in attesa delle regolamentazioni contenute
nei contratti collettivi, come parametro oggettivo per la messa a regime dell’istituto del lavoro intermittente; e ad
oggi, per i settori in cui la contrattazione non è intervenuta, permangono
validi.
Restava invece imprecisato se la medesima
possibilità potesse essere accordata ad un’impresa appaltatrice dei medesimi
servizi all’interno dell’albergo. Ed a ciò l’interpello fornisce una risposta
in base alla quale il centro di attenzione non deve essere appuntato sulla
natura dell’impresa a cui il prestatore d’opera risponde, ma sulla tipologia di
attività che il prestatore effettivamente svolge. In altre parole l’impresa
appaltatrice può assumere appalti le cui prestazioni possono, oppure non
possono, essere ricomprese tra quelle di cui al Regio decreto 2657/1923, ma nel
caso in cui queste vengano ricomprese questa può utilizzare la tipologia
contrattuale del lavoro intermittente. Naturalmente, anche se l’interpello non
ne fa cenno, restano applicabili tutte le disposizioni in materia di cui agli
articoli da 33 a 40 del d.lgs. 276/2003, tra cui in particolare va segnalata la
forma scritta del contratto di lavoro intermittente con tutte le indicazioni
ivi previste, le norme relative alle limitazioni per età del lavoratore,
l’obbligo di comunicazione alla Direzione territoriale del lavoro competente
prima dell’inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo integrato di
prestazioni, come anche le misure relative all’eventuale indennità di
disponibilità.
Sarebbe stato opportuno invece che la
risposta all’interpello avesse messo in chiaro anche ciò che dovrebbe essere
implicito, ma che invece potrebbe prestarsi a pratiche elusive di obblighi
contrattuali e di legge. Mi riferisco in particolare al divieto di ricorso al
lavoro intermittente per le situazioni in cui si sia proceduto nei sei mesi
precedenti a licenziamenti collettivi per lavoratori adibiti alle stesse
mansioni [art. 34, terzo comma d.lgs. 276/2003] per le quali ora si ricorre a
lavoro intermittente mediato da appalto di servizi. Un punto che per ora
rischia di rimanere pericolosamente oscuro.
Silla Cellino [segue]
Silla Cellino [segue]
Nessun commento:
Posta un commento