(pubblicato su www.pensalibero.it il 23 marzo 2014)
Sui regimi, sulle
componenti più o meno democratiche, sulle ideologie che qua e là compaiono
meglio sorvolare ed evitare inutili ipocrisie.
Guardiamo invece la sostanza, che ripropone il conflitto di potenza
sulla scala europea
In fondo la crisi
ucraina è in parte anche un capitolo del tentativo in atto da parte della
Russia di ricomporsi e riproporsi come potenza e che si misura, come spesso
succede, anche sulle altrui impotenze. Parecchio sarà anche per le
contraddizioni dell’Europa, ma sicuramente pesa molto anche la circostanza che
la Russia tenti di riacquistare prestigio internazionale, riuscendoci qualche
volta sì e qualche volta no, approfittando anche delle vicende mediorientali e
siriane in particolare e di contemporanee incertezze americane sul punto.
L’Europa, si sa, ha difficoltà ad adottare una linea comune e la politica
internazionale latita in quanto espressione del continente, ma esprime sempre
un potenziale d’attrazione con cui ciascuno poi si trova a fare i conti.
Di certo oggi, come
sempre, gli Usa sono assorti con alterni risultati su più fronti e sono tutti
scacchieri su cui l’impegno è diretto perché diretto è anche il confronto con le
controparti, America Latina, mondo islamico nella sua complessità, Estremo
Oriente. Ci sono poi per gli Usa tutta una serie d’interessi finora considerati
in un certo senso indiretti o perché già gestiti in termini non conflittuali,
come nel caso dell’Europa, o perché valutati in modo non primario, come nel
caso dell’ex mondo sovietico ancora ritenuto parte soccombente della guerra
fredda. Mentre invece è un vecchio pallino di Putin quello di voler dimostrare,
veritiero o no che sia, che la Russia [facciamo un discorso che prescinde dalla
critica al suo regime] non è più ormai quel mondo lì, ridotto agli estremi, ma
ha riconquistato una certa solidità interna, ha riannodato o ne è in procinto una
serie di relazioni con gli stati dell’ex Unione Sovietica, specie gli asiatici
e sull’agone internazionale può far valere ancora il prestigio di antiche
relazioni nonché la validità di certe dottrine sicuramente non rivoluzionarie,
ma che hanno ancora il loro peso, specie nella direttrice medio-orientale.
Certo che anche un
rinnovato, eventuale, prestigio internazionale della Russia può essere in qualche
modo considerato solo quasi fosse un rialzo dal gioco alla meno, se è vero che
dopo anni di pratica inesistenza sulla scena internazionale, se non per i
conflitti interni o con il suo ex mondo, i relativi successi diplomatici
recentemente conseguiti, particolarmente sulla vicenda siriana, altro non sono
che il proseguimento in continuità della vecchia linea zarista e poi sovietica
sull’asse Mar Nero, penisola anatolica e poi giù fino al Medio Oriente per controspinte
ed interessi collegati.
Non è sorprendente
perciò che le maggiori difficoltà Putin le abbia incontrate nei suoi rapporti
con l’Europa, dove l’Unione riesce in parte ad eludere la nota carenza di
politica internazionale con un atteggiamento però espansivo in termini
istituzionali ed ha costituito e costituisce, come sistema e modello di vita,
un’attrazione per gli ex paesi satelliti, nonché per una parte delle componenti
ex Unione sovietica. Ultima l’Ucraina, ma solo in ordine di tempo. E soprattutto
è anche in Europa, sia pur considerata come territorio e non come istituzione,
che si è realizzata l’espansione della Nato, cioè il fronte su cui Putin si
sente maggiormente coinvolto e attaccato.
Su questo punto
l’accordo di associazione dell’Ucraina all’Ue, già progettato fin dallo scorso
novembre e firmato o in procinto di esser firmato in questi giorni ha in sé
tutti i motivi per creare situazione di conflittualità politica tra Russia ed
Unione. Non per la parte istituzionale, poiché l’accordo non prevede l’ingresso
dell’Ucraina nell’Unione europea: un dato questo probabilmente realistico, anche
considerate le difficoltà tuttora presenti a realizzare condizioni comuni e
soddisfacenti per molti dei paesi che hanno ottenuto un’adesione forse troppo
affrettata negli ultimi anni, ma che regolerà nel prossimo futuro uno
spostamento del mercato preferenziale ucraino dalla Russia ai paesi europei.
Mercato inteso prevalentemente di uscita di prodotti agricoli e materie prime.
Il veleno invece sta
nella coda. L’accordo fa riferimento esplicito a convergenze in materia di politica
estera e sicurezza, con l’eventuale coinvolgimento dell’Ucraina nell’area di
sicurezza europea. Che non coincide ovviamente con l’Unione europea e la sua
politica internazionale, però è un altro tassello di quell’equilibrio
sghimbescio che si è creato con l’adesione alla Nato di alcuni paesi dell’ex
patto di Varsavia e finanche parti stesse dell’ex Unione sovietica. Una
situazione pesante per Putin, che può compensare solo con la Crimea e con i
ricatti degli ucraini russofoni: un equilibrio instabile, ma pur sempre
equilibrio finché la corda resiste.
Silla Cellino
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