Translate

Translate

sabato 22 marzo 2014

La crisi ucraina in una logica di politica internazionale


(pubblicato su www.pensalibero.it il 23 marzo 2014)

Sui regimi, sulle componenti più o meno democratiche, sulle ideologie che qua e là compaiono meglio sorvolare ed evitare inutili ipocrisie.  Guardiamo invece la sostanza, che ripropone il conflitto di potenza sulla scala europea


In fondo la crisi ucraina è in parte anche un capitolo del tentativo in atto da parte della Russia di ricomporsi e riproporsi come potenza e che si misura, come spesso succede, anche sulle altrui impotenze. Parecchio sarà anche per le contraddizioni dell’Europa, ma sicuramente pesa molto anche la circostanza che la Russia tenti di riacquistare prestigio internazionale, riuscendoci qualche volta sì e qualche volta no, approfittando anche delle vicende mediorientali e siriane in particolare e di contemporanee incertezze americane sul punto. L’Europa, si sa, ha difficoltà ad adottare una linea comune e la politica internazionale latita in quanto espressione del continente, ma esprime sempre un potenziale d’attrazione con cui ciascuno poi si trova a fare i conti.

Di certo oggi, come sempre, gli Usa sono assorti con alterni risultati su più fronti e sono tutti scacchieri su cui l’impegno è diretto perché diretto è anche il confronto con le controparti, America Latina, mondo islamico nella sua complessità, Estremo Oriente. Ci sono poi per gli Usa tutta una serie d’interessi finora considerati in un certo senso indiretti o perché già gestiti in termini non conflittuali, come nel caso dell’Europa, o perché valutati in modo non primario, come nel caso dell’ex mondo sovietico ancora ritenuto parte soccombente della guerra fredda. Mentre invece è un vecchio pallino di Putin quello di voler dimostrare, veritiero o no che sia, che la Russia [facciamo un discorso che prescinde dalla critica al suo regime] non è più ormai quel mondo lì, ridotto agli estremi, ma ha riconquistato una certa solidità interna, ha riannodato o ne è in procinto una serie di relazioni con gli stati dell’ex Unione Sovietica, specie gli asiatici e sull’agone internazionale può far valere ancora il prestigio di antiche relazioni nonché la validità di certe dottrine sicuramente non rivoluzionarie, ma che hanno ancora il loro peso, specie nella direttrice medio-orientale.

Certo che anche un rinnovato, eventuale, prestigio internazionale della Russia può essere in qualche modo considerato solo quasi fosse un rialzo dal gioco alla meno, se è vero che dopo anni di pratica inesistenza sulla scena internazionale, se non per i conflitti interni o con il suo ex mondo, i relativi successi diplomatici recentemente conseguiti, particolarmente sulla vicenda siriana, altro non sono che il proseguimento in continuità della vecchia linea zarista e poi sovietica sull’asse Mar Nero, penisola anatolica e poi giù fino al Medio Oriente per controspinte ed interessi collegati.

Non è sorprendente perciò che le maggiori difficoltà Putin le abbia incontrate nei suoi rapporti con l’Europa, dove l’Unione riesce in parte ad eludere la nota carenza di politica internazionale con un atteggiamento però espansivo in termini istituzionali ed ha costituito e costituisce, come sistema e modello di vita, un’attrazione per gli ex paesi satelliti, nonché per una parte delle componenti ex Unione sovietica. Ultima l’Ucraina, ma solo in ordine di tempo. E soprattutto è anche in Europa, sia pur considerata come territorio e non come istituzione, che si è realizzata l’espansione della Nato, cioè il fronte su cui Putin si sente maggiormente coinvolto e attaccato.

Su questo punto l’accordo di associazione dell’Ucraina all’Ue, già progettato fin dallo scorso novembre e firmato o in procinto di esser firmato in questi giorni ha in sé tutti i motivi per creare situazione di conflittualità politica tra Russia ed Unione. Non per la parte istituzionale, poiché l’accordo non prevede l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione europea: un dato questo probabilmente realistico, anche considerate le difficoltà tuttora presenti a realizzare condizioni comuni e soddisfacenti per molti dei paesi che hanno ottenuto un’adesione forse troppo affrettata negli ultimi anni, ma che regolerà nel prossimo futuro uno spostamento del mercato preferenziale ucraino dalla Russia ai paesi europei. Mercato inteso prevalentemente di uscita di prodotti agricoli e materie prime.

Il veleno invece sta nella coda. L’accordo fa riferimento esplicito a convergenze in materia di politica estera e sicurezza, con l’eventuale coinvolgimento dell’Ucraina nell’area di sicurezza europea. Che non coincide ovviamente con l’Unione europea e la sua politica internazionale, però è un altro tassello di quell’equilibrio sghimbescio che si è creato con l’adesione alla Nato di alcuni paesi dell’ex patto di Varsavia e finanche parti stesse dell’ex Unione sovietica. Una situazione pesante per Putin, che può compensare solo con la Crimea e con i ricatti degli ucraini russofoni: un equilibrio instabile, ma pur sempre equilibrio finché la corda resiste.


Silla Cellino

Nessun commento:

Posta un commento