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mercoledì 4 dicembre 2013

Non andrò a votare alle primarie e sono convinto che avrò torto

Il mio torto non consisterà in errori di valutazione sulla proposta politica che ancora non vedo e sulla figura personale dei candidati, ma perché non avrò considerato l’importanza di un partito a sinistra. E’ vero: non arriviamo al partito della sinistra che vent’anni fa volevamo, perché allora mancò – forzatamente per una parte, volutamente per l’altra – il confronto tra socialisti e comunisti, però siamo ad una situazione di fatto che impone la presenza di una sinistra forte, autorevole, ma soprattutto propositiva, per di più in un momento in cui le vecchie questioni divergenti non hanno più ragione di essere, non certo per merito nostro, ma per ciò che è successo altrove. Magari è proprio il fatto che non sia accaduto per merito nostro che lascia tanto spazio ancora a chi rispolvera vecchi steccati e vecchi linguaggi; e non è detto che tutto questo avvenga da una parte sola.
Ma lo sfascio di paese di fronte a cui ci troviamo, di cui anche la sinistra ha pesanti responsabilità, visto che è stata al governo anch’essa per un periodo non trascurabile di anni nell’ultimo ventennio, ha bisogno di ritrovare delle forze politiche che parlino con energia e anche con una certa coscienza di forza. Nella sinistra oggi questo ruolo può essere incarnato solo dal partito democratico. Un po’ più accanto Sel può aspirare a svolgere un ruolo utile, ma sempre al confine con la marginalità, il resto è folklore. Dall’altra parte invece c’è ancora chi continua a proporre inutili ragioni, spesso di orticello, per una presenza socialista che non ha più terreno utile da coltivare, vuoi per l’autodistruzione del quadro dirigente vuoi per la sua emigrazione verso altre sponde meno compatibili con la tradizione a sinistra.
E allora mi domando: ma ha un senso continuare a riproporre, nella perfetta indifferenza del paese, una questione socialista di cui ormai i più non hanno sentito parlare o non conservano ricordo? O piuttosto ha senso maggiore riproporre i valori, contenuti di studio della tradizione socialista per partecipare, attivamente, alla formazione di principi coerenti, ma validi per la società del duemila e poi?
Nella mia piccola sfera personale – e solo in questa perché ho rinunciato ad occuparmi attivamente di politica da più di trent’anni – una risposta me la sono data: la questione socialista, così come è stata posta fino ad ora, deve essere storicizzata, la ricerca storica sul socialismo contemporaneo in Italia, appena appena iniziata, deve essere sviluppata ed approfondita, perché dalle vicende del PSI, specie quelle dell’ultima fase della sua esistenza, possono essere tratte utili indicazioni – in positivo ed in negativo – anche per il futuro dell’intera sinistra italiana.
C’è perciò a mio avviso la necessità di contribuire ancora ad un discorso della sinistra italiana, unitario nelle sue componenti più significative. Al momento attuale le diatribe fra i candidati alla segreteria appaiono in contrasto con questa esigenza, ma la natura del partito che si sta formando a sinistra è per fortuna pienamente compatibile con il dibattito anche più aspro, purché sia di strategia e di idee.
Non andrò a votare alle primarie e non ho ancora ben chiaro perché. Però ho abbastanza chiaro che avrò torto.

Silla Cellino

NB. Questa nota è scritta come risposta/adesione ad un articolo di Giuseppe Tamburrano sul blog della Fondazione Nenni

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