Che
cosa sono, come si costituiscono e come operano. Gli incubatori, le agevolazioni
fiscali e nel campo del lavoro, la raccolta del capitale di rischio e tutte le
disposizioni per l’avvio e lo sviluppo nel decreto Crescita 2.0
pubblicato sulla rivista Consulenza, ed. Buffetti, n. 39/2012
Interessa coloro che
vorrebbero diventare imprenditori. Nuovi imprenditori per la precisione, dove
nell’aggettivo nuovo è celato un significato più complesso, ossia quello di far
partire iniziative caratterizzate dallo sviluppo di prodotti o servizi innovativi
ad alto valore tecnologico, anche a vocazione sociale. Vedremo dopo che cosa
significa vocazione sociale. L’avvio di un’impresa operante nel campo
dell’innovazione e delle nuove tecnologie, o start-up innovativa è infatti uno
dei contenuti del secondo decreto legge sulla crescita, detto perciò Crescita 2.0 e pubblicato nei giorni
scorsi in Gazzetta, e ne costituisce l’aspetto programmatico più caratterizzante.
Prima ancora di essere formalizzato in sede legislativa, il nuovo istituto era
stato pensato a livello di studio e di proposta nel programma Restart Italia, dove al pessimo gusto
per l’intitolazione semianglofona si accompagnava invece l’individuazione di un
nuovo strumento imprenditoriale appositamente pensato per programmi di sviluppo
di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico; talché il dibattito
intorno a questo nuovo istituto era già
stato ampio prima ancora di essere operativo, almeno in sede ufficiale. Salutare
dibattito, perché il problema dell’innovazione non può essere affrontato solo a
parole ed intenzioni, ma deve trovare un riscontro nella qualità dei programmi,
nelle loro attuabilità e nei risultati che si intendono perseguire in collegamento
con tutto il quadro socio-economico su cui s’intende intervenire. Le disposizioni
relative alle start-up innovative sono emblematiche di questa situazione. Semmai
il maggior limite che si può cogliere è che il prodotto di un governo tecnico
come l’attuale comporta per la sua gestione scelte politiche che saranno
possibili solo dopo le elezioni; ed anche allora con prospettive non del tutto
individuabili con precisione, se è vero che anche all’interno della coalizione
che sembra riscuotere i maggiori consensi previsionali, le linee di divisione
sono marcate e non solo tra forze e partiti che sostengono la coalizione, ma anche
al loro interno.
Fatta questa premessa
precauzionale che ormai sembra diventata d’obbligo, cerchiamo di entrare nel
vivo della riforma adottata. Adottata, già operativa, ma ancora non in
definitiva, essendo necessaria dopo la pubblicazione in Gazzetta la conversione
da parte dei due rami del Parlamento.
La nuova start-up
innovativa, che per semplicità nel corso di questi appunti chiameremo
semplicemente start-up, è una società di capitali, anche in forma cooperativa, costituita in una qualsiasi
delle forme previste dal codice civile ivi comprese le srl giovanili e quelle
semplificate di recente istituzione oppure in forma di societas europaea residente in Italia, tipologia quest’ultima
finora non troppo utilizzata nel nostro paese, ma che ha pieno diritto di
cittadinanza tra le società di capitali. Le start-up innovative si
differenziano dalle società ordinarie per obiettivi, composizione, trattamento
particolare ad esse riservato in diversi campi operativi che spaziano dal
civilistico, al fiscale, ai rapporti con la pubblica amministrazione ed altro
ancora.
Requisito
essenziale della start-up per la sua costituzione o per il riconoscimento di
tale status anche in corso d’opera è che la società abbia come oggetto sociale
esclusivo lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o
servizi ad alto valore tecnologico. Ciò deve avvenire però insieme al
verificarsi di altre particolari condizioni; e cioè:
- che la maggioranza del capitale sociale e del diritto di voto in assemblea sia detenuta da persone fisiche
- che sia di nuova istituzione o, in alternativa, che sia stata costituita da non più di 48 mesi
- che il valore della produzione annua a partire dal secondo anno di attività non superi i cinque milioni di euro
- che la sede principale dei propri affari ed interessi sia in Italia
- che non distribuisca o abbia distribuito utili per tutto il periodo relativo all’agevolazione
- che sia una società originaria, ossia che non derivi da fusione o scissione societaria oppure non sia la risultante di una cessione di azienda o di ramo d’azienda
Altri
requisiti caratteristici, dei quali almeno uno deve essere posseduto per il riconoscimento,
sono:
- spese per ricerca e sviluppo pari ad almeno il 30% del maggior valore tra costo e valore totale della produzione
- forza lavoro, intesa come dipendenti o collaboratori, costituita almeno per il 30% da personale in possesso di dottorato di ricerca o che sta svolgendo un dottorato di ricerca, oppure disponga di una laurea con almeno tre anni di attività certificata di ricerca
- titolarità o licenza di un brevetto o privativa d’invenzione altamente tecnologica e strettamente collegata all’oggetto sociale
Come
già accennato il requisito di start-up si applica anche a società già esistenti
da una data non anteriore di 48 mesi a
condizione che il rappresentante legale depositi presso il registro delle
imprese un’apposita dichiarazione sottoscritta che attesti il possesso dei
requisiti. La dichiarazione deve essere depositata entro sessanta giorni dalla
data di conversione in legge del decreto ed ha l’effetto del riconoscimento del
requisito e dell’applicazione delle agevolazioni per un periodo di quattro anni
dalla data di entrata in vigore del decreto se la società innovativa è stata
costituita entro i due anni precedenti, di tre anni se è stata costituita nei
tre anni precedenti e infine di due in caso di costituzione entro i quattro
anni precedenti.
Le
agevolazioni previste sono di carattere procedurale e civilistico, fiscale,
lavoristico. Inoltre si stabiliscono particolari panorami favorevoli agli
interventi di natura partecipativa e di accesso al mercato degli investimenti.
Dal punto di vista
procedurale e civilistico. La costituzione della società avviene per
atto pubblico con assistenza notarile, però in esonero dal pagamento
dell’imposta di bollo e dei diritti di segreteria relativi all’iscrizione nel
registro delle imprese, nonché del diritto annuale della camera di commercio
per tutto il periodo in cui è considerata start-up. La società viene iscritta
in un’apposita sezione speciale del registro delle imprese, a cui accedono
anche le società già costituite che possono godere di questo status, mediante la
ricordata autocertificazione da depositarsi presso il registro delle imprese a
cura del legale rappresentante. Per quanto riguarda invece l’assetto societario
e la vita della società le maggiori differenze con la disciplina ordinaria
riguardano:
- in caso di perdite eccedenti un terzo del capitale, la riduzione dello stesso ed il contemporaneo aumento ad una cifra non inferiore al minimo legale può essere effettuata non nell’immediato, ma la decisione può essere adottata entro la chiusura dell’esercizio successivo, termine entro il quale non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale;
- detto già che la maggioranza della partecipazione deve essere detenuta da persone fisiche, nelle start-up innovative costituite sotto forma di srl possono essere create categorie di quote senza diritto di voto o con diritto di voto non proporzionale alla partecipazione detenuta, oppure si possono stabilire differenziazioni del diritto di voto per particolari argomenti;
- ancora in deroga alle disposizioni dal codice civile in tema di srl, le quote di partecipazione possono essere offerte al pubblico con la natura di prodotti finanziari, anche attraverso portali per la raccolta di capitali, come espressamente regolamentati in altra parte del decreto e di cui si parlerà in seguito; si suppone che tale offerta non debba intaccare la natura personalistica della maggioranza del capitale sociale
- ulteriore deroga è prevista per le operazioni sulle proprie partecipazioni, leggi acquisto di quote proprie, quando tali quote siano da destinarsi a piani di incentivazione a favore di dipendenti, collaboratori, componenti dell’organo amministrativo e finanche operatori esterni come prestatori di servizi professionali.
Inoltre,
in caso di crisi irreversibile della società, viene stabilito che questa non
può essere assoggettata a fallimento o ad altra procedura concorsuale che non
sia quella prevista dalla Legge 3/2012, capo secondo, ossia allo speciale rito
della composizione delle crisi da sovraindebitamento e della conseguente
liquidazione della società.
Nutrito
il pacchetto delle agevolazioni fiscali. Non si
tratta propriamente di agevolazioni sul reddito prodotto, in quanto le stesse non
vengono direttamente concesse alle società start-up. Un’agevolazione indiretta
invece è costituita dalla non
applicazione della disciplina prevista per le società non operative e dall’esclusione
dalle disposizioni relative al godimento dei beni ai soci. Le agevolazioni dirette
invece interessano tutti coloro che con la società operano, sia all’interno che
dall’esterno, ma sempre a vantaggio della società stessa.
Nel
primo gruppo i destinatari sono gli
amministratori, i dipendenti ed i collaboratori con reddito assimilato a
reddito di lavoro dipendente. L’agevolazione consiste nella detassazione delle
stock option; in altre parole, se a questi soggetti partecipanti dall’interno alla
vita dell’azienda vengono assegnati a titolo di remunerazione azioni, quote o
altri titoli incentivanti, questi, che in regime normale sono considerati
redditi di lavoro dipendente o assimilato e come tali sottoposti a tassazione,
nel presente regime non concorrono alla formazione del reddito imponibile; e
ciò sia agli effetti fiscali che contributivi. Viene ulteriormente precisato
che qualora invece tali strumenti finanziari o diritti vengano riacquistati dal
soggetto che li emette o da società controllante o controllata, il reddito
viene riassoggettato a tassazione nel periodo d’imposta e nella misura
dell’agevolazione già usufruita. Si tratta di una chiara disposizione
antielusiva, mentre, sempre in tema di prevenzione di abusi, è stabilito anche
che tale regime è attivabile solo per quegli strumenti finanziari e diritti
consimili assegnati ed esercitati dopo la conversione in legge del decreto.
Nel secondo gruppo
sono considerati invece i soggetti esterni che operano a vantaggio della
società, che possono esser ricompresi sotto diverse categorie, alle quali
vengono assegnati differenziati tipi di agevolazione o riconoscimento. Sul tema
degli investitori, anzi, faremo in conclusione qualche considerazione.
- Alcune tipologie di fornitori. Azioni, quote e strumenti finanziari partecipativi possono essere emessi anche a vantaggio di fornitori di opere o servizi, inclusi servizi professionali, per i loro crediti maturati a fronte di prestazioni nei confronti della start-up. Tali importi non concorrono alla formazione del reddito complessivo del soggetto che effettua questo tipo di apporto.
- Investitori persone fisiche. Le persone fisiche che investono nel capitale delle start-up ottengono una detrazione Irpef del 19% del capitale investito, tenendo presente che l’investimento massimo che dà diritto all’agevolazione è di € 500.000 per ciascun periodo d’imposta e deve essere mantenuto per almeno due anni. L’eventuale disinvestimento, anche parziale, prima del decorso del termine biennale annulla per intero il beneficio e comporta l’obbligo di restituire all’erario l’importo detratto con applicazione di interessi legali. L’investimento può essere effettuato anche per il tramite di organismi di investimento collettivo del risparmio che investano prevalentemente in start-up; questi ultimi però non possono godere del medesimo trattamento, altrimenti si verrebbe a prefigurare un riferimento circolare ed un’evidente duplicazione a detrimento dell’erario. L’agevolazione è concessa per i periodi d’imposta 2013, 2014 e 2015.
- Investitori persone giuridiche. Per le persone giuridiche che vogliano intervenire nel capitale delle start-up, anche per il tramite di organismi collettivi d’investimento o altre società che investano prevalentemente in start-up innovative, il 20% della somma investita nel capitale di una o più start-up non contribuisce alla formazione del reddito, con limite massimo d’investimento pari ad € 1.800.000 ed a condizione che l’investimento stesso sia mantenuto per almeno due anni, pena la perdita del beneficio. Anche in questo caso non beneficiano dell’agevolazione gli organismi d’investimento collettivo del risparmio o altre società che investano prevalentemente in start-up. Anche per gl’investitori persone giuridiche l’agevolazione è concessa per i medesimi periodi d’imposta 2013, 2014 e 2015.
- La detrazione a favore delle persone fisiche è pari al 25% anziché del 19% e la deduzione dal reddito per le persone giuridiche è pari al 27%, anziché del 20% nel caso in cui l’investimento sia effettuato a favore delle start-up a vocazione sociale o di quelle che sviluppano e commercializzano esclusivamente prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico in ambito energetico. Le start-up a vocazione sociale, come definite dal d.lgs. 155/2006 operano nel campo dell’assistenza sociale, sanitaria e socio-sanitaria, dell’educazione, istruzione e formazione, della tutela dell’ambiente, della valorizzazione del patrimonio culturale, del turismo sociale, della formazione universitaria e post-universitaria, della ricerca e dell’erogazione dei servizi culturali, della formazione extrascolastica e dei servizi strumentali alle imprese sociali. Un ampio spettro di potenziale intervento, come si può vedere.
Agevolati anche i contratti di lavoro dipendente. Si tratta di norme istituite con un duplice obiettivo: da una
parte quello di consentire, temporaneamente, condizioni più favorevoli
all’impresa per la gestione del lavoro a tempo determinato, che, stante il
limite di quattro anni per godere del trattamento di start-up innovativa, può
costituire il tipo di rapporto più utilizzato; dall’altra quello di creare un
certo tipo di appetibilità per il lavoratore ad accettare un rapporto di natura
temporanea.
In deroga alle disposizioni vigenti, anche se parzialmente modificate dalla riforma Fornero, per un
periodo di quattro anni dalla data di costituzione della start-up è consentito
di procedere all’assunzione di lavoratori a tempo determinato senza dover
ricorrere al cosiddetto causalone,
costituendo di fatto un causalone la stessa qualità di start-up innovativa.
Inoltre si prevede che la durata del contratto possa essere ricompresa tra i
sei ed i trentasei mesi, consentendo altresì che all’interno di questo limite
massimo ci possano essere rinnovi anche senza soluzione di continuità. Infine,
anche oltre il limite ordinario per legge, tali contratti potrano essere
prorogati fino alla durata residua in cui la società si trova nello status di
start-up innovativa, purché ciò avvenga presso la Direzione territoriale
del lavoro competente. E’ intuitivo che i termini sopra descritti si
riferiscono alle società neo costituite, mentre per quelle già in essere
saranno rapportati alla rimanente durata della loro permanenza in tale stato,
come abbiamo sopra illustrato. I termini stessi, compresa l’eventuale proroga a
quattro anni, sono perentori, nel senso che decorsi tali termini senza che il
rapporto si sia interrotto, questo si considera a tempo indeterminato; e lo
stesso vale se i medesimi contratti dovessero surrettiziamente trasformarsi in
contratti di collaborazione che non siano da ricomprendersi in prestazioni
d’opera o professionali. Ulteriore agevolazione consisteva nella non applicabilità
a questo tipo di contratti del contributo addizionale dell’1,4% ai fini previdenziali
previsto per il lavoro a tempo determinato dall’art. 2, co. 28 L . 92/2012, riforma
Fornero. Però questa disposizione, prevista nella bozza approvata dal governo
non si ritrova nel testo pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Evidentemente problemi
di spesa, anzi di mancate entrate, hanno giocato per l’annullamento del beneficio.
Sarebbe peraltro auspicabile che in sede di conversione possa avvenire un
ripensamento.
A vantaggio dei lavoratori invece dobbiamo registrare un importante incentivo in campo retributivo;
e ciò vale per tutti i lavoratori subordinati, sia quelli a tempo indeterminato
che quelli a tempo determinato. Fermo restando l’aggancio ai minimi tabellari
contrattuali che costituisce parte fissa della retribuzione, può essere
prevista anche una parte variabile, collegata all’efficienza o alla redditività
dell’impresa oppure anche ad altri parametri di rendimento concordati tra le parti,
per esempio in tema di produttività del lavoratore o del gruppo di lavoro. In
materia di minimi tabellari però è data facoltà di favorire condizioni apposite
riferite alle start-up e ciò nell’ambito di accordi interconfederali o avvisi
comuni stipulati o concordati tra le organizzazioni sindacali comparativamente
più rappresentative sul piano nazionale. Tali accordi potranno intervenire su
questi minimi ed anche fissare criteri per la definizione della parte
variabile. Questa infatti per l’articolato legislativo può essere determinata
secondo forme e contenuti diversi, ivi compresi diritti di opzione per
l’assegnazione di azioni o quote, assegnazioni gratuite od operazioni consimili
ed è perciò da ritenersi opportuno che si fissino dei criteri il più possibile
uniformi e largamente accettati e condivisi.
Sì, però chi mette i soldi? Entro certe dimensioni e
per periodi molto circoscritti di tempo si potrà parlare anche di autofinanziamento,
però per aziende e programmi di carattere limitato e che necessitino di pochi
investimenti; ma non si può pensare che possa essere così per programmi di
respiro almeno medio e d’altronde le riserve che si possono nutrire sul sistema
bancario in materia di credito alle imprese sono comunemente note. Il decreto
stabilisce ed incentiva due forme di sostegno, che operano su piani diversi e
distinti, una di carattere operativo, l’altra di carattere finanziario.
Gli incubatori, come forma di sostegno operativo, offrono servizi per assistere alla nascita ed allo sviluppo di
start-up innovative. Altro non sono che società di servizi, che dispongono di
strutture anche immobiliari atte ad ospitare, sostenere, fornire delle primarie
necessità organizzative, logistiche e tecnologiche, le start-up nella loro fase
d’impianto e di primo sviluppo. Sono costituiti, non diversamente dalle
start-up, sotto forma di società di capitali, ma devono presentare anche nelle
persone di chi amministra o dirige adeguata competenza in materia di impresa e
di organizzazione e gestione manageriale, nonché un consolidato rapporto con
università, centri ricerca, enti locali ed in genere con ambienti anche
finanziari collegati allo sviluppo delle start-up innovative. Tali requisiti
sono autocertificati dal rappresentante legale al momento dell’iscrizione nel
registro delle imprese - per inciso nella stessa sezione speciale delle
start-up -, ma per quanto riguarda in particolare la necessità di un’adeguata e
comprovata esperienza nell’attività di sostegno alle imprese innovative
occorrerà rispettare alcuni indicatori i cui valori minimi saranno stabiliti
con successivo decreto ministeriale, ma che dovranno rifarsi, tra l’altro, a
dati numerici dei progetti d’incubazione, alle start-up ospitate ed avviate
allo sviluppo, nonché al numero dei collaboratori interessati dai progetti di
sviluppo e quindi a dati occupazionali o a valori economici relativi alla crescita
ed agli impieghi di capitale di rischio.
A proposito di capitale di rischio: il portale. Sta qui l’ultima, anzi la penultima, novità proposta dal
decreto, che introduce la nuova figura giuridica del portale per la raccolta di capitali per le start-up innovative. Il
portale è una piattaforma on-line che ha come oggetto la raccolta di capitali
da destinare al sostegno, sotto la forma di capitale di rischio, delle start-up
innovative. In altre parole essi costituiscono lo strumento, non peraltro
l’unico, per favorire la partecipazione finanziaria di soggetti, privati ma
anche non privati, nelle forme previste e con le agevolazioni fiscali già
descritte. Si tratta di iniziativa mediata e collettiva, che comunque coesiste
con l’iniziativa partecipativa diretta, ma, a differenza della partecipazione diretta,
deve soggiacere a determinate regole e relativi controlli. A tal fine viene istituito
un registro tenuto dalla Consob, che accoglie l’iscrizione dei portali e solo
l’iscrizione nel registro consente anche al portale di svolgere l’attività, che
comunque può consistere in un’attività di raccolta diretta se la gestione del
portale è di emanazione di imprese d’investimento o di banche autorizzate; se
invece il portale è un soggetto diverso da queste, il gestore deve trasmettere
gli ordini raccolti a banche autorizzate o ad imprese d’investimento. Su questa
materia la Consob si autoregolamenta. Il portale deve essere istituito sotto
forma di società di capitali, anche cooperativa, nelle forme previste dal
codice civile. Diversamente dalle start-up, niente si dice se possa essere una societas europaea, ma un successivo passaggio
in cui si fa cenno, per i soggetti comunitari, alla necessità di una stabile
organizzazione nel territorio della repubblica autorizza questa forma
costitutiva, come del resto qualsiasi società di diritto in ambito comunitario.
L’ultima novità invece riguarda l’Ice. Ma ci soffermeremo solo brevemente: l’ex Istituto per il
commercio con l’estero, recentemente rivitalizzato sotto forma di Agenzia per
la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, fornirà
alle start-up assistenza in materia normativa, societaria, fiscale, immobiliare,
contrattualistica e creditizia. Tutto ciò naturalmente per quanto riguarda gli
sbocchi sul mercato internazionale delle aziende ed anche l’internazionalizzazione
delle aziende stesse, partecipazioni, partnership anche operative e tutto
quanto possa favorire l’espansione nei mercati esteri.
Ora
non resta che attendere la conversione del decreto, sperando che non venga
stravolto o per lo meno, se ciò avviene, che possa avvenire in meglio.
Silla Cellino
Nessun commento:
Posta un commento