Translate

Translate

martedì 12 giugno 2012

Spending review: non è giusto risparmiare su chi lavora veramente

pubblicato su www.pensalibero.it il 17 giugno 2012

Si era pensato – ma forse si era capito male – che gli orientamenti intorno alla spending review, più correttamente detta, nel linguaggio a noi più accessibile, revisione della spesa, dovessero incentrarsi principalmente sulle spese inutili, quelle per intenderci che ponevano a carico della collettività procedimenti superflui, opere destinate a prolungarsi troppo nel tempo e magari mai finite, utilizzo di energie esterne per assolvere a compiti o a programmi perfettamente eseguibili all'interno della macchina amministrativa esistente, per non parlare del moltiplicarsi di cariche, incarichi, affidamenti, consulenze da riservarsi a coloro che abitualmente ruotano attorno a chi ha il potere di distribuire queste piacevolezze.

Invece, in attesa di conoscere i lineamenti programmatici e quelli esecutivi di questo meritorio procedimento, le prime applicazioni in termini pratici riguardano chi lavora e chi dà lavoro al di fuori della possente macchina pubblica o parapubblica, individuate invece, entrambe, dal grande pubblico come le più significative centrali dello spreco. E' di pochi giorni fa infatti la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dei nuovi parametri e limiti della detassazione sulla produttività del lavoro. Quest'ultima non è altro che un incentivo di natura fiscale, a favore sia dei lavoratori che dei datori di lavoro, in quanto i primi vengono tassati con un'imposta sostitutiva ad aliquota fortemente ridotta quando svolgono straordinari o ricevono incentivi collegati ad una maggiore produttività, i secondi usufruiscono di un complessivo minor costo del lavoro, che riduce il cosiddetto cuneo fiscale.

Questi nuovi limiti risultano ingiustamente punitivi: d'ora in poi i lavoratori interessati ne potranno usufruire solo se il loro reddito lordo annuo non supererà 30.000 euro, mentre prima il limite era di 40.000; ed inoltre il massimale agevolabile si riduce drasticamente da 6.000 a 2.500 euro l'anno. E a carico dei datori di lavoro si realizzerà una inversione di tendenza riguardo alla progressiva riduzione del cuneo fiscale e quindi del costo complessivo del lavoro.

Sarebbe un errore pensare che siano questioni meramente tecniche. Nessuno fa finta di non sapere  che in molti casi l'incremento della produttività era un fatto illusorio e che il ricorso alle prestazioni straordinarie era ed è, da tanti datori di lavoro, visto come alternativa ad un allargamento della forza lavoro. Ma di fronte alla necessità, conclamata da parte governativa, di produrre di più, di stimolare la crescita, di porre nuove basi per la ripresa manifatturiera e industriale, anche al fine di riequilibrare i rischi indotti da una eccessiva terziarizzazione o addirittura dalla delocalizzazione, il provvedimento in questione va nella direzione opposta. Nessuna meraviglia perciò se ancora una volta qualcuno pensa che questo governo, che magari non difetta di attivismo e di buona volontà, resti invece pericolosamente allo sbando nelle soluzioni concrete.

Silla Cellino

5 commenti:

  1. La tassazione agevolata degli straordinari o ,come dir si voglia , dell'incremento produttività è concettualmente iniqua ed è offensiva rispetto a tutti i disoccupati, cassaintegrati, mobilitati ecc. Andrebbe eliminata, e i relativi redditi tassati o tartassati con le aliquote progressive come succede per tutti gli altri 'mortali'.
    Trovo inoltre che questo tipo d'intervento nulla ha a che fare con la 'spending rewiev'.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Trattandosi di un evidente risparmio per le casse pubbliche, non vedo perché non possa esser considerato un provvedimento atto a contenere la spesa, visto che è stato adottato in questo spirito, anche se non inserito nel relativo provvedimento. Sennò si resta prigionieri delle formule anziché guardare alla sostanza delle cose. Quanto alle altre considerazioni non mi sento il soggetto tipico a cui devi rivolgerle: semmai prova con i sindacati.

      Elimina
  2. Le riduzioni dei benefici fiscali non sono attinenti con le spese. Semmai aumentano le entrate fiscali lasciando le spese inalterate. E'tempo di finirla con i privilegi fiscali fatti differenziando i redditi. Per una riduzione della pressione fiscale che sia veramente equa occorre in primis disboscare tutte le anomalie delle norme. E quella sul bonus alla produttività lo è.
    Non so proprio cosa c'entrino i sindacati in tutte queste considerazioni.

    RispondiElimina
  3. La riduzione, come la concessione, di benefici fiscali, relativi a qualsiasi tipo di prelievo, anche previdenziale o di altro genere, è attinente con la spesa. Nel senso che le maggiori o minori risorse affluenti si devono confrontare con i preventivi di spesa già individuati e stabiliti con legge: quella di stabilità nella maggior parte dei casi. Se non si parte da queste elementari cognizioni è facile prendere fischi per fiaschi.

    RispondiElimina
  4. Mi sembra che l'aver ricondotto la detassabilità alle sole somme derivanti dalla contrattazione collettiva aziendale o territoriale abbia già ristretto dal 2011 il campo di fruibilità e quindi di spesa pubblica rispetto al passato; questo ulteriore contrazione del tetto massimo e del reddito contribuisce, secondo me, a rendere ancor meno significativa la natura incentivante del provvedimento, puntando al solo risparmio per le casse erariali.
    Ciao
    Alberto Carbone

    RispondiElimina