pubblicato su www.pensalibero.it il 17 giugno 2012
Si era
pensato – ma forse si era capito male – che gli orientamenti intorno alla spending
review, più correttamente detta, nel linguaggio a noi più accessibile,
revisione della spesa, dovessero incentrarsi principalmente sulle spese
inutili, quelle per intenderci che ponevano a carico della collettività
procedimenti superflui, opere destinate a prolungarsi troppo nel tempo e magari
mai finite, utilizzo di energie esterne per assolvere a compiti o a programmi
perfettamente eseguibili all'interno della macchina amministrativa esistente,
per non parlare del moltiplicarsi di cariche, incarichi, affidamenti,
consulenze da riservarsi a coloro che abitualmente ruotano attorno a chi ha il
potere di distribuire queste piacevolezze.
Invece,
in attesa di conoscere i lineamenti programmatici e quelli esecutivi di questo
meritorio procedimento, le prime applicazioni in termini pratici riguardano chi
lavora e chi dà lavoro al di fuori della possente macchina pubblica o
parapubblica, individuate invece, entrambe, dal grande pubblico come le più
significative centrali dello spreco. E' di pochi giorni fa infatti la
pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dei nuovi parametri e limiti della
detassazione sulla produttività del lavoro. Quest'ultima non è altro che un
incentivo di natura fiscale, a favore sia dei lavoratori che dei datori di
lavoro, in quanto i primi vengono tassati con un'imposta sostitutiva ad
aliquota fortemente ridotta quando svolgono straordinari o ricevono incentivi
collegati ad una maggiore produttività, i secondi usufruiscono di un
complessivo minor costo del lavoro, che riduce il cosiddetto cuneo fiscale.
Questi
nuovi limiti risultano ingiustamente punitivi: d'ora in poi i lavoratori interessati
ne potranno usufruire solo se il loro reddito lordo annuo non supererà 30.000
euro, mentre prima il limite era di 40.000; ed inoltre il massimale agevolabile
si riduce drasticamente da 6.000 a 2.500 euro l'anno. E a carico dei datori di
lavoro si realizzerà una inversione di tendenza riguardo alla progressiva
riduzione del cuneo fiscale e quindi del costo complessivo del lavoro.
Sarebbe
un errore pensare che siano questioni meramente tecniche. Nessuno fa finta di
non sapere che in molti casi l'incremento
della produttività era un fatto illusorio e che il ricorso alle prestazioni
straordinarie era ed è, da tanti datori di lavoro, visto come alternativa ad un
allargamento della forza lavoro. Ma di fronte alla necessità, conclamata da
parte governativa, di produrre di più, di stimolare la crescita, di porre nuove
basi per la ripresa manifatturiera e industriale, anche al fine di
riequilibrare i rischi indotti da una eccessiva terziarizzazione o addirittura
dalla delocalizzazione, il provvedimento in questione va nella direzione
opposta. Nessuna meraviglia perciò se ancora una volta qualcuno pensa che
questo governo, che magari non difetta di attivismo e di buona volontà, resti
invece pericolosamente allo sbando nelle soluzioni concrete.
Silla Cellino
La tassazione agevolata degli straordinari o ,come dir si voglia , dell'incremento produttività è concettualmente iniqua ed è offensiva rispetto a tutti i disoccupati, cassaintegrati, mobilitati ecc. Andrebbe eliminata, e i relativi redditi tassati o tartassati con le aliquote progressive come succede per tutti gli altri 'mortali'.
RispondiEliminaTrovo inoltre che questo tipo d'intervento nulla ha a che fare con la 'spending rewiev'.
Trattandosi di un evidente risparmio per le casse pubbliche, non vedo perché non possa esser considerato un provvedimento atto a contenere la spesa, visto che è stato adottato in questo spirito, anche se non inserito nel relativo provvedimento. Sennò si resta prigionieri delle formule anziché guardare alla sostanza delle cose. Quanto alle altre considerazioni non mi sento il soggetto tipico a cui devi rivolgerle: semmai prova con i sindacati.
EliminaLe riduzioni dei benefici fiscali non sono attinenti con le spese. Semmai aumentano le entrate fiscali lasciando le spese inalterate. E'tempo di finirla con i privilegi fiscali fatti differenziando i redditi. Per una riduzione della pressione fiscale che sia veramente equa occorre in primis disboscare tutte le anomalie delle norme. E quella sul bonus alla produttività lo è.
RispondiEliminaNon so proprio cosa c'entrino i sindacati in tutte queste considerazioni.
La riduzione, come la concessione, di benefici fiscali, relativi a qualsiasi tipo di prelievo, anche previdenziale o di altro genere, è attinente con la spesa. Nel senso che le maggiori o minori risorse affluenti si devono confrontare con i preventivi di spesa già individuati e stabiliti con legge: quella di stabilità nella maggior parte dei casi. Se non si parte da queste elementari cognizioni è facile prendere fischi per fiaschi.
RispondiEliminaMi sembra che l'aver ricondotto la detassabilità alle sole somme derivanti dalla contrattazione collettiva aziendale o territoriale abbia già ristretto dal 2011 il campo di fruibilità e quindi di spesa pubblica rispetto al passato; questo ulteriore contrazione del tetto massimo e del reddito contribuisce, secondo me, a rendere ancor meno significativa la natura incentivante del provvedimento, puntando al solo risparmio per le casse erariali.
RispondiEliminaCiao
Alberto Carbone