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lunedì 30 maggio 2011

Vittoria e sconfitta

Da www.pensalibero.it del 30 maggio riporto l'articolo di Chiara Boriosi scritto a caldo, anzi a caldissimo, dopo i ballottaggi. Aggiungo subito dopo un breve commento personale


Analizzando a botta calda i risultati dei ballottaggi, una considerazione prevale su tutte le altre: mai come in questa tornata elettorale le ragioni della vittoria e quelle della sconfitta sono apparse così strettamente intrecciate da determinare un esito paradossale, ovvero l'impossibilità di segnare una netta linea di confine fra vincitori e vinti. Vediamo perché.


E' chiaro che il risultato più clamoroso e' quello di Napoli, per il distacco abissale inflitto da De Magistris a Lettieri, mentre la vittoria di Pisapia appariva già scontata dopo il primo turno, ma in entrambi i casi non sono tanto i numeri ad influenzare la nostra analisi, quanto le condizioni in cui sono maturate queste affermazioni e che fanno emergere con tutta evidenza il processo di decomposizione del bipolarismo che già avevamo sottolineato due settimane fa dopo il primo responso elettorale. Perché la disfatta del Pdl e' paritetica alla debolezza del Pd, e conferma quello che abbiamo sempre pensato, ovvero che questo fasullo sistema bipolare si reggeva sulla reciproca fragilità di entrambi i poli e che, cadendo uno, sarebbe caduto anche l'altro per mera mancanza di sostegno, poggiato da sempre solo e soltanto sull'antiberlusconismo.

La caduta verticale del Pdl e' tanto pesante quanto direttamente consequenziale all'accumulo di errori, ritardi, incapacità, manchevolezze, sommati in diciassette anni di sostanziale inanità ed esplosi infine in quest'ultima campagna elettorale, disastrosa, avvelenata, condotta con una furia cieca ed insensata che poteva solo allontanare gli elettori. Ma in sintesi, potremmo dire che la politica del Re taumaturgo, che si presenta nei luoghi delle emergenze - Napoli, Lampedusa, L'Aquila - promettendo soluzioni miracolistiche, che ci racconta da diciassette anni la favola delle riforme necessarie ed irrinunciabili senza mai metterci mano, che si circonda di colonnelli avidi ed arroganti cui interessa solo garantirsi un'area di potere individuale, che ha accentuato la partitocrazia creando un Parlamento di nominati per le ragioni più sbagliate, che ha intossicato il paese con i propri casi personali come se noi non avessimo altro problema al mondo di cui preoccuparci, questa politica, condotta come un'operazione di marketing a colpi di spot mai riempiti di contenuti, e' finita qui ed ora, e se ne deve prendere atto. Possiamo baloccarci con la chiosa dell'ennesima scelta errata dei candidati - la spenta Moratti che non andava riproposta, l'improbabile Lettieri scovato all'ultimo momento - ma sappiamo benissimo che queste considerazioni sono solo pallidi alibi offerti ai fedelissimi ancora arroccati nei talk show televisivi, di fatto possiamo solo prendere atto della fine del berlusconismo come deriva ultima di una politica demagogica e populista che e' stata infine rifiutata dai cittadini stanchi di tenere il conto delle mancate promesse e soprattutto di pagare ogni giorno il prezzo delle mancate riforme.

Ma il Pd non sta meglio, e potremmo ragionevolmente dire che i veri problemi da oggi saranno a carico suo, perché al di la' dei proclami doverosamente trionfali di tutta la leadership del centrosinistra, compatta solo in questo, la lettura dei risultati elettorali apre molti interrogativi cui non sembra facile dare una risposta. Pisapia, si sa, e' il candidato di Vendola, De Magistris e' uomo dell'Idv peraltro con un rapporto molto travagliato con Di Pietro, dunque in un momento in cui Bersani flirta con il Centro viene sconfessato dal proprio elettorato che invece sceglie le estreme, e manda un preciso segnale: il Centrosinistra vince se si sposta decisamente a sinistra, e questo ripropone questioni mai chiuse, ma soprattutto mai risolte, sia da un punto di vista strettamente ideologico sia da quello legato alla ricomposizione di una coalizione che a questo punto sembra inevitabile ripensare. E certamente Vendola non perderà tempo a riproporre la propria candidatura alla leadership del Pd, forte di una vittoria a Milano che porta la sua firma, non certo quella di Bersani.

Ma non possiamo prescindere da una ulteriore considerazione sul voto di Napoli: non dimenticando che al ballottaggio ha votato solo la meta' dei cittadini, e' chiaro che il voto ha espresso un vero e proprio rigetto tanto nei confronti del Pd, responsabile con Bassolino e Jervolino della disastrosa condizione della città, quanto nei confronti del Pdl, ma soprattutto di Berlusconi, che ha procrastinato problemi urgenti e ha lasciato andare troppo oltre la guerra per bande fra coordinatori a livello regionale senza mai porvi soluzioni chiare e definitive. La vittoria di De Magistris ci pare preoccupante e lo dichiariamo apertamente: temiamo il riaprirsi di una stagione giacobina, di una deriva giustizialista che parli alla pancia della gente alimentando un clima populista di cui non abbiamo alcun bisogno e che purtroppo ricordiamo molto bene dall'esecrata stagione di Mani Pulite. Non vorremmo apparire troppo pessimisti, ma temiamo che Napoli più che un sindaco abbia eletto un tribuno - ed anche di questo dovremmo chiedere conto a Pd e Pdl.



Chiara Boriosi 

1 commento:

  1. Nel condividere le tue ottime argomentazioni, Chiara, osservo solo che a Milano non ha vinto solo Vendola, anzi preferisco credere che abbia vinto una sinistra pratica, che ha fatto delle elezioni amministrative un confronto sui problemi della città. Vendola in tutto questo c'entra poco, proprio perché antitetico a questa concezione, anche se non mancherà il tentativo di appropriarsene. C'entra invece, credo, la voglia di tornare a quell'idea e a quella pratica riformista di cui Milano, come si sa, è la culla storica. Anche se la coalizione è eterogenea e forse sfrangiata, conto che Pisapia la sappia indirizzare verso le scelte giuste. A proposito, non so se c'entri molto o poco, ma Renzi gli ha mandato un caloroso messaggio di auguri e a De Magistris nulla.

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