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giovedì 26 maggio 2011

Vigilia di ballottaggi, ma sul piano nazionale le conseguenze del voto sono già chiare


C’è innanzi tutto uno scossone a destra, che coinvolge ambedue le formazioni maggiori dello schieramento. Ma siamo veramente in grado di capire chi si oppone all’attuale maggioranza e che cosa può rappresentare in una proiezione futura? Il rischio di una terza esperienza Prodi resta di nuovo drammaticamente in agguato

pubblicato su www.pensalibero.it il 26 maggio 2011


Facciamo finta che i ballottaggi siano già avvenuti. Tanto il primo risultato è già molto significativo ed i movimenti successivi si sono già delineati. Poi chi vince o chi perde influenzerà, come è giusto, il dato amministrativo, ma il quadro nazionale è già interpretabile fin dal risultato del primo turno. Si è già partiti dalla constatazione che in tutte le situazioni c’è una significativa componente locale, com’è giusto che sia, trattandosi di elezioni amministrative. Napoli è in prima linea, ma non si può negare che in tante altre situazioni - persino a Milano – le logiche locali abbiano giocato un ruolo primario e quanto meno si affiancano al quadro nazionale, che però ha la sua importanza e deve essere valutato.

C’è innanzi tutto uno scossone a destra, che coinvolge ambedue le formazioni maggiori dello schieramento. Sulla Lega i ragionamenti potranno essere magari più sociologici che politici e questi ci dicono che forse ha già raggiunto il suo limite esistenziale: la difesa dei millantati valori padani ha un limite e questo limite viene raggiunto, mentre per altro verso non paga l’appiattimento della propria strategia su quella di Berlusconi, anche se si basa sul presupposto che solo con il suo sostegno si possano realizzare le riforme che a loro interessano. Ma trattandosi di sociologia e nonostante il raggiunto limite, la Lega potrà godere ancora di una certa stabilità, almeno fino a quando permarranno le componenti e gli stati d’animo che forniscono la sua ragion d’essere essenziale ed una guida carismatica.

Più critiche appaiono invece le sorti del pdl, sempre meno partito e sempre più agglomerato ondivago unito anch’esso dal carisma, ma destinato a disperdersi quando il carisma subisce duri colpi. Nel nostro caso il declino di Berlusconi, prima personale e poi politico, ormai data come prima avvisaglia da quando Veronica lo lasciò ed espone la sua formazione a sussulti e colpi di coda per i quali i suoi interventi diretti non sono un rimedio sufficiente, anzi, astiosi e indecorosi come sono, peggiorano la situazione. Al centro ed alla periferia del partito sempre più numerose sono le manifestazioni di chi prende le distanze ed anche le insofferenze nei confronti dei personaggi più vicini al leader. Inoltre il cavaliere è isolato sul piano internazionale, dove registra un pessimo credito, gli ambienti economici interni lo hanno in pratica abbandonato da tempo, l’alleanza con la Lega non gode di ottima salute, la questione giudiziaria alla fine potrebbe essere anche non determinante o l’unica determinante per la sua uscita di scena.

Tutto questo ci porta a pensare che in Italia la lunga esperienza berlusconiana stia per concludersi e quindi che un quadro ottimistico si stia per aprire per chi si oppone all’attuale maggioranza. Ma siamo veramente in grado di capire chi si oppone all’attuale maggioranza e che cosa può rappresentare in una proiezione futura? D’improvviso ci balza agli occhi lo sfascio di Napoli, dove anche gli esponenti storicamente riformisti si appiattiscono sulla deriva giustizialista, ma anche populista di De Magistris, mentre a Milano il possibile successo di Pisapia rimette in movimento tutto ciò che a sinistra e non solo nel PD non c’era, come ci ricordava D’Alfonso nel suo panorama preelettorale, compreso – finalmente – quel garantismo di sinistra al quale le coscienze libere non hanno mai rinunciato. Né dobbiamo limitarci a pensare che solo a Milano e a Napoli si voti, ma che invece in molti centri minori, soprattutto nel sud, la destra, che comunque destra di potere era, è e rimane indipendentemente da Berlusconi, si presenta con le maggiori credenziali per mantenere le proprie posizioni e in qualche caso per conquistarne di nuove.

Esiste dunque all’orizzonte la possibilità che si profili uno schieramento, anche articolato, ma in grado di capire quello che succede nel paese? Dove l’emergenza lavoro non è soltanto uno slogan da portare in giro a Ballarò, dove i giovani in Italia come nel resto dell’Europa ed anche oltre cercano se stessi al di fuori dei condizionamenti imposti, dove la riforma della giustizia è un problema dei cittadini e non può essere lasciata all’arbitrio di giudici ed avvocati, quando non dei politici indagati, dove la ripresa economica è soffocata dalla burocrazia, centrale o periferica che sia e le stesse forze produttive si scontrano con potentati parassitari che improntano di sé gran parte degli ambienti politici, di maggioranza o di opposizione che siano? Se tutto questo c’è ben venga, ma i segnali per ora sembrano andare nell’opposta direzione, anche perché non è ben chiaro – e la prima tornata delle elezioni ed il conseguente sistema di rapporti per la seconda lo confermano – se il partito democratico, che almeno per dimensione dovrebbe essere il naturale punto di riferimento, abbia scelto degli alleati primari e quali. Il rischio perciò di una terza esperienza Prodi resta di nuovo drammaticamente in agguato.

Silla Cellino

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