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venerdì 29 aprile 2011

Missili e bombe sulla Libia, però pensarci prima sarebbe stato meglio

pubblicato su www.pensalibero.it il 21 marzo 2011
Al momento in cui scrivo questa nota il futuro della vicenda libica è del tutto carente di una previsione attendibile e forse gli avvenimenti saranno più veloci del tempo necessario per scrivere e pubblicare. Però, di fronte al tardivo aut aut dell’Onu ed alle intenzioni interventiste di alcuni paesi facenti parte di una Nato divisa e di un’Europa sempre più inesistente come cemento comune in politica internazionale, la riflessione che s’impone è sul perché si sia deciso così tardi. Infatti molti si domandano come mai, con la prospettiva di essere utili alla causa degli oppositori di Gheddafi, questi non sono stati sostenuti al momento in cui quasi tutta la Libia era nelle loro mani e il colonnello alle corde, isolato e rinchiuso dentro Tripoli.

In realtà nel dibattito di queste drammatiche settimane e nel voto sulla risoluzione finale l’Onu si è dimostrata tutt’altro che compatta, con una linea di divisione che vede non concordanti, oltre alla Germania ma per cause collegate alle relazioni europee, paesi  come Russia, Cina ed India, che non agiscono per ragioni ideologiche ormai sempre meno determinanti o addirittura inesistenti, ma per motivi di equilibrio economico e della ricerca di una maggiore influenza sugli stati del Maghreb; in particolare la Cina, già presente e determinante in gran parte del continente africano. Accenniamo anche, ma solo per inciso, ad una lieve ironia sull’Onu, dove il dittatore libico occupava beffardamente una posizione di responsabilità nell’ambito della difesa proprio di quei diritti umani che è solito calpestare, ma un conto è dare un giudizio sulla posizione complessiva dell’Onu, che ha potuto giustificarsi solo per i diritti umani; altro invece valutare le specifiche operative che la risoluzione stessa consegna alle responsabilità dirette degli Stati Uniti e della Nato e che possono indurre queste stesse forze a conclusioni politiche ed a programmi d’intervento anche più sostanziali.

Tutto lo svolgimento della vicenda e le sue conclusioni legittimano perciò dei dubbi sul piano del diritto internazionale, anche se si usa ricondurre la valutazione ad una questione politica o, meglio, ad una questione di realpolitik. Per cui oggi è lecito domandarsi, senza troppo soffermarsi per carità di patria sulle ragioni dell’Italia, se nel passato immediato non si sia un po’ troppo abusato a tutti i livelli, Onu compresa, di questa realpolitik e se l’intervento odierno, al di là delle conclamate ragioni umanitarie, non sia tardivo e perciò poco giustificabile in linea di diritto internazionale. Diverso invece sarebbe stato se l’Onu, in armonia con i propri principi costitutivi, non avesse mancato negli anni di esercitare pressioni continue e serrate sulla Libia per richiamarla al rispetto dei diritti fondamentali e per favorire le condizioni di una transizione al sistema democratico, anche mettendo, se necessario, il bizzarro dittatore alle corde delle proprie responsabilità e potendo così ricorrere alla fine anche alle maniere forti.

Che cosa potrà riservarci il futuro? Nel caso in cui dovesse prevalere Gheddafi, a parte una quasi certa ritorsione cruenta nei confronti degli oppositori soccombenti, la situazione potrebbe diventare ancora più grave, rischiando di risolversi in un conflitto permanente sul piano interno ed in una conflittualità aggravata sul piano internazionale. Ma è anche possibile che si arrivi ad una spartizione tra le forze in campo: non dimentichiamoci che storicamente la Libia, come ci dice anche Lucio Caracciolo, è un’invenzione italiana del periodo coloniale, ma in realtà Tripolitania e Cirenaica sono due cose separate e distinte in senso geografico e culturale e gli ultimi avvenimenti ce l’hanno in qualche modo confermato. E’ immaginabile perciò che anche questa possa essere una soluzione, almeno intermedia, e che vi si possa arrivare al termine di una trattativa alla quale il rais potrebbe non avere la forza di sottrarsi. Però cambierebbero gli scenari ed anche le strategie delle potenze, maggiori o minori, che hanno interessi non meramente politici sulla Libia. Ma questo sarà un capitolo da scrivere un’altra volta.

Silla Cellino
                                                                                                                  
PS. Per non farla troppo lunga ometto di parlare dei limiti che in politica estera accomunano le forze di governo e di opposizione in Italia, in particolare la mancanza di una politica per il Mediterraneo, area in cui dovremmo agire da propositori ed interlocutori importanti, se non da protagonisti. Ma su questo punto il direttore di Pensalibero mi assicura che contribuiremo presto con un’importante iniziativa.

 

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