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martedì 23 gennaio 2024

Renzi, Calenda e la Bonino 

dovrebbero tornare a parlarsi

(commento ad un articolo di Renzo Caputo su Pensalibero del 21 gennaio 2024)

E' una indicazione razionale, quella cioè che si ripropone di salvaguardare quantomeno il minimo comun denominatore di un’area, più che di uno schieramento, che si dibatte tra necessità e marginalità. Però al momento resta una soluzione solo difensiva, mentre questa area di riferimento, non solo per la sua tradizione, avrebbe la potenzialità di esprimere ciò che manca nella politica attuale, la presenza di una forza, anche composita ma riformatrice in grado di essere momento di dialogo e non di contrapposizione.

Infatti quello che lascia interdetti è che, nell’imminenza di una consultazione europea alla quale non interessano le nostre piccole beghe di paese, queste medesime beghe vengano riproposte con la medesima scala e le medesime proporzioni e probabilmente le medesime conseguenze, senza invece domandarsi quale portata potrebbe avere la presenza di una coerente forza liberal socialista anche nella dimensione europea, dove si assiste ad un’incidenza sempre minore della sinistra socialdemocratica tradizionale ed alla necessità anche di una sua evoluzione, nella quale ognuno poi, ferma restando la direzione di marcia, potrà decidere se debba essere più liberale o più socialista.
La cosa rimane ancor più spiacevole quando si considera che il rischio è quello di regalare l’intera rappresentanza della sinistra italiana (o del centro sinistra se si preferisce) ad un partito sbrindellato come il Pd, nel quale si agitano antichi fantasmi (e le attuali vicende internazionali ne sono una chiara indicazione), prove di forza della vecchia classe dirigente, tentazioni grilline e mortificazioni della corrente riformista al punto che la stessa finisce per automortificarsi da sola.
Caputo esorta giustamente i leaderini del potenziale terzo polo riformista ad uscire dai piccoli litigi da scolaretti, ma la mia impressione è che questa consapevolezza sia ben lungi dall’essere acquisita e che ci sia bisogno ancora di un grosso lavoro. Il limite è che, con una certa differenza dall’oggi, in altri momenti alle esigenze strettamente politiche si accompagnavano movimenti culturali che costituivano supporto di opinione e accompagnavano i processi. Ci sarebbe magari un discorso lungo da fare sulle nuove forme di comunicazione che favoriscono più il battibecco che la comprensione, ma il fatto è che questi processi oggi sono molto più difficili e che i movimenti culturali sono più esigui o hanno minor impatto sulla realtà nella quale si vuol agire. È un limite a cui non dobbiamo arrenderci, ma non sarà facile.

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