pubblicato anche su econopoly del Sole 24 Ore, che si ringrazia della cortesia, del 29 settembre 2017
In proposito si parla
genericamente di potenziamento del welfare aziendale e di interventi in favore
del suo sviluppo, ma non è precisamente così: nell’iniziativa governativa il welfare
aziendale in termini propriamente detti è solo una parte della manovra di
settore complessiva, che invece ha come oggetto più ampio il tema della
conciliazione tra vita professionale e vita privata. Riprenderemo l’argomento
in conclusione, ma la differenza è evidente, anche facendo riferimento al
processo più o meno parallelo che si sta sviluppando in tutto il mondo occidentale, soprattutto in quell’Europa di cui facciamo
parte, nella quale l’iniziativa è lasciata prevalentemente alle parti contrattuali
indipendentemente dalla legge, facendo magari eccezione per la Francia in cui alcuni
istituti sono il prodotto combinato di iniziativa legislativa e contrattazione.
Tale prodotto
combinato è un po’ anche la caratteristica dell’intervento legislativo e connesso
recente decreto, anche se in più c’è uno
sforzo per dare alla materia una sistemazione maggiormente organica ed estesa,
uscendo dal limite stretto del solo welfare e di interessare altri aspetti, tra
cui la qualità della vita personale ed anche l’organizzazione aziendale, sia
pure in parte. Infatti, al di là delle complicazione in itinere che abbiamo
visto e relative conseguenze, la sostanziale novità è costituita dalla
definizione di conciliazione e dai contenuti della stessa per essere ammessa
allo sgravio contributivo. Tali contenuti sono indirizzati verso tre grandi
aree: la genitorialità, la flessibilità organizzativa, infine il vero e proprio
welfare aziendale.
Nell’area della
genitorialità si fa riferimento a condizioni soggettive quali il potenziamento
e/o l’estensione del congedo parentale, con una particolare aggiunta attenzione
a quello di paternità, nonché a
condizioni oggettive che riguardano il potenziamento dei servizi di assistenza,
asili, nidi d’infanzia, spazi ludico-ricreativi, baby sitting. La flessibilità organizzativa verrà invece definita e
valutata in materia di lavoro agile, flessibilità oraria, part-time, banca ore,
solidarietà in occasione di cessione dei permessi. Nel welfare aziendale infine, oltre a veder riconfermati contenuti già
riconosciuti nella definizione classica, come convenzioni con strutture
socio-sanitarie e buoni per l’acquisto di servizi di cura, s’introducono
convenzioni per l’erogazione di servizi time
saving, con ciò intendendo la possibilità per il personale di poter far
fronte ad adempimenti domestici durante l’orario di lavoro utilizzando apposite
strutture, interne all’azienda o esterne e convenzionate. La definizione di
queste aree è funzionale ai fini dell’ottenimento del beneficio: infatti è necessario
che i contratti collettivi aziendali prevedano la compresenza di almeno due di
queste aree e che comunque una debba essere individuata nell’area delle
genitorialità oppure in quella della flessibilità organizzativa.
Come corrispettivo
degli accordi in materia di genitorialità, di flessibilità organizzativa e di
servizi assistenziali il datore di lavoro incassa un beneficio contributivo le
cui modalità e misura sono fissate in base a criteri numerici che sono il
frutto di una ponderazione tra una base fissa e l’occupazione nel corso
dell’anno civile precedente. Occorre però che preventivamente le parti, datore
e rappresentanze sindacali, abbiano sottoscritto e depositato un contratto
collettivo aziendale, anche in recepimento di contratti collettivi
territoriali, che vada in direzione di un avanzamento rispetto a quanto già
previsto in materia dai contratti collettivi nazionali o anche che sia estensivo,
integrativo e quindi migliorativo rispetto ad eventuali accordi sindacali
aziendali preesistenti. Ulteriori condizioni sono di carattere numerico e
temporale: il contratto collettivo aziendale, per produrre il beneficio, deve
essere rappresentativo almeno del settanta percento della media lavorativa
dell’anno precedente e deve essere stato sottoscritto e depositato tra il 1°
gennaio 2017 e il 31 agosto 2018. Ad ogni modo sarà decisiva la quantificazione
fatta dall’Inps sulla base dei dati desunti dalle dichiarazioni contributive.
Un sistema ancora
molto complesso come si può vedere, che avrà bisogno di accurate verifiche sul
funzionamento: non a caso la misura è pensata come sperimentale ed è a termine,
cioè pensato originariamente per il triennio 2016/2018, ora biennio 2017/2018.
Ma al di là delle verifiche di carattere tecnico occorrerà valutare se saranno
misure realmente efficaci e tali da incidere sulle aspettative più avanzate per
la conciliazione vita/lavoro professionale, di cui la conciliazione
lavoro/famiglia costituisce solo una parte, sia pure importante, considerando
inoltre i progressi che anche l’elaborazione teorica ha compiuto in questi
anni.
Perciò, ma solo di sfuggita e per concludere queste note, vorrei far cenno di alcuni argomenti
che in occasioni più recenti hanno fatto progredire la qualità del dibattito su
questi temi. Se ci facciamo caso, quasi tutte le iniziative, legislative o
sociali, in Italia ma anche in Europa, intraprese riguardo all’argomento sono
partite dall’esigenza di risolvere un rapporto prevalentemente e talvolta anche
necessariamente visto come conflittuale tra vita e lavoro. Invece il dibattito
in corso in materia di sociologia del lavoro arriva a conclusioni diverse e
cioè che la relazione vita/lavoro non debba essere considerata più in termini esclusivamente
conflittuali, ma che invece si debba arricchire di scambi vicendevoli, partendo
dal presupposto che il lavoro è un aspetto importante della vita, ma che va
messo sullo stesso piano degli altri aspetti, la famiglia non solo, ma anche la
cultura, il divertimento, l’arricchimento della personalità e che all’interno
di questa equazione vada trovato non solo il giusto equilibrio, ma anche le
modalità per rendere i due aspetti compatibili e possibilmente anche produttivi
l’uno per l’altro. Ovvio che non possiamo aspettarci risposte univoche per
tutti gli aspetti di questa problematica, ci saranno divaricazioni o sovrapposizioni,
come nel caso di questa timida e limitata riforma nella quale solo la
flessibilità organizzativa risponde in qualche modo a questa esigenza. Ma,
visto che si parla di processi e provvedimenti e che accanto a processi e
provvedimenti ci sono benefici di carattere economico a favore dei datori di
lavoro,
questi benefici, che peraltro per ora sono a termine, restano limitati e fini a
se stessi oppure costituiscono una premessa per una conciliazione vita lavoro
che contemplando ambedue le soggettività, quella del datore di lavoro e quella
del lavoratore, consenta al lavoratore stesso, come è stato detto, di vivere
entrambi i tempi, quello di vita e quello di lavoro?
Perché non vorremmo
che l’obiettivo e anche il risultato finale, se e quando conseguito, fossero
solo di razionalizzare mantenendo, ma non di cambiare.
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