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giovedì 10 novembre 2016

Dubbi e ingombri (geopolitici?) sulla strada di Trump


Saltiamo a piè pari il capitolo della sorpresa: ormai  in gran parte delle consultazioni elettorali, a cominciare da qui in Europa, le sorprese sorprendono sempre di meno: autorevoli politologi, sociologi ed anche politici ne indagheranno e poi sveleranno le ragioni, a noi non resta che prenderne atto. Come del fatto che in ogni tornata elettorale che si rispetti il risultato è determinato quasi al cento per cento da motivazioni di politica interna. Ma così è sempre stato. 

Qui invece interessa capire il quadro internazionale in cui la vittoria di Trump s’inserisce e come noi europei – e italiani in subordine – dobbiamo collocarla; e quali conseguenze possa avere nelle politiche dell’Europa e anche nei suoi rapporti interni. Lo stesso dicasi per la Nato, la cui sponda europea, per il grande pubblico, praticamente viene a combaciare con l’assetto istituzionale.

La riflessione di partenza va fatta sulla figura di Trump: post-politico, si è detto, a somiglianza dei post-politici che si vanno affermando anche in tante realtà del nostro continente, per lo più cementati da un sentire comune, cioè quello dell’interesse particolare rin-chiuso nel proprio territorio. Non sto a far nomi, tanto li conosciamo tutti. In parole povere l’esatto opposto di quanto intendevano i costituenti europei. E’ prevedibile che l’ascesa del tycoon rafforzi in loro la consapevolezza di essere nel giusto, ma le loro convinzioni andranno ineluttabilmente a cozzare con una realtà internazionale con la quale lo stesso Trump dovrà fare  i conti. La post-politica è una bella definizione, ma solo per chi ci crede.

Intanto il primo ingombro si chiama Putin, che per Trump ha apertamente fatto il tifo, in assetto anti Obama e di conseguenza in funzione anti Hillary, quest’ultima interpretata in potenziale e possibile recupero rispetto alle incertezze del presidente uscente: riferimento in primo luogo alla questione siriana ed ai rapporti complessivi e contraddittori col mondo arabo o islamico e in generale nell’intera area mediorientale. Ora però Trump dovrà dare delle indicazioni, non nelle parole ma nei fatti: mantenendo o magari accentuando l’attuale atteggiamento semi disimpegnato nello scacchiere si asseconda di fatto la maggior influenza russa, ma incombe anche il rischio che venga pregiudicato tutto il complesso dei rapporti e degli interessi economici che gli States intessono con il mondo arabo.

Ma l’ingombro Putin produce i suoi effetti anche in Europa. Non che con Obama non fosse presente, spesso anche a causa di certe disattenzioni; anzi proprio nell’ultimo periodo abbiamo assistito ad alcune schermaglie, se così le vogliamo chiamare, determinate in gran parte da situazioni geopolitiche, ma che, come cause remote, originavano anche da una superfetazione della Nato stessa all’indomani, più o meno diluito nel tempo, del crollo del sistema sovietico e dei suoi stati satelliti. 

Questa superfetazione è stata probabilmente improvvida e anche se non è scopo di queste note esprimere giudizi su questo argomento, però è un fatto che gli attuali assetti europei, quello politico e distintamente quello strategico, sono anomali e per certi aspetti molto criticabili. Anche su questo terreno sarà interessante vedere come si comporterà Trump e ciò non potrà non determinare conseguenze nell’intero complesso dei rapporti con l’Europa, ivi compresa la qualità dell’alleanza militare, che per Trump pare quasi siano la stessa cosa.

Accenno solo in conclusione ai problemi dell’est asiatico, che non è solo sud-est, solo perché è il più lontano da noi e dalle nostre logiche immediate, non perché sia il meno importante: da tempo infatti i rapporti tra USA e Cina sono stabilizzati solo formalmente, mentre al fondo degli stessi si acuiscono incomprensioni di varia natura, tra cui il ruolo egemone e non sempre pacifico che Pechino vuole esercitare nella zona trovando consensi e contrasti nei diretti interessati. Anche in questo angolo del mondo Putin gioca un ruolo, sia pure in questo caso di mero supporto alla più generale strategia cinese, ma è un fatto che, anche in relazione a questo scacchiere,  tutte le teorie – si fa per dire – di Trump in ordine al ripiegamento sui problemi interni rispetto all’impegno internazionale dovranno necessariamente essere rivisitate, se non altro perché Wall Street e l’intera macchina del potere e degli interessi  non mancheranno di farglielo presente. Potremo avere a breve qualche indicazione utile, fin dalla nomina del segretario di stato e del consigliere per la sicurezza nazionale.

Silla Cellino

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