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lunedì 17 ottobre 2011

Ancora non si sa che cosa dirà Renzi al suo big bang

La “mission” che Renzi potrebbe ritagliarsi in questa fase, è di guidare un ampio cammino di rinnovamento per ricostituire una classe dirigente di tutto il movimento sulla base di una rinnovata esigenza culturale riformista negli obiettivi e liberale nei metodi.
- da www.pensalibero.it del 16 ottobre 2011 -


Ancora non si sa che cosa dirà Renzi al suo big bang, ma quasi certamente sarà un messaggio accattivante, come è nel suo stile, rivolto al vasto pubblico più che all’attenzione dei politici, un pubblico che  nelle sue intenzioni non è dato soltanto dai seguaci del partito democratico, ma da tutta quella parte di elettorato che oggi si ritrova a non condividere l’azione del governo, anzi che dal governo e dal suo leader tiene la distanza, non importa se come scelta di fondo o maturata di recente. E su questa impostazione non si può che essere d’accordo: chi vuol vincere deve badare ad allargare l’area del consenso e non pensare solo a coltivare in eterno il solito orticello.


A ben guardare la differenza più importante è questa. L’arroccamento del pd su una posizione politica di pura contrapposizione e su una base elettorale più o meno tradizionale lo porta ad essere non l’elemento propositivo dell’alternativa, ma semplicemente solo una delle componenti della coalizione. Apparentemente nella stessa situazione dell’esperienza precedente, ma invece con alcuni elementi di maggiore debolezza, che sono dati dall’assenza sulla scena politica di un personaggio come Prodi – discutibile ma leader nell’immagine popolare – e dalla presenza di altri attori, meno sfilacciati della vecchia Rifondazione o dei veterocomunisti, quelli di oggi più agguerriti e più forti sul piano elettorale.


Renzi perciò ha ragioni da vendere quando dice di voler superare i vecchi confini asfittici ed improduttivi. Però la sua posizione non è indenne da debolezze, due in particolare: la prima, più visibile, riguarda la contraddizione tra il suo impegno di sindaco di Firenze e un’eventuale proiezione nazionale, dove lo sbocco logico non può essere che una candidatura alle primarie del suo partito. Contraddizione soprattutto nei contenuti e negli impegni, perché è difficile poter pensare che nell’ambito di una condotta politica seria si possano lasciare le responsabilità amministrative a metà del guado e proprio nel momento in cui le difficoltà si manifestano e le realizzazioni promesse stentano a farsi avanti. Seconda debolezza: è altrettanto difficile condurre nel proprio partito una guerra di movimento e farlo in prima persona, senza pensare che in questi casi si ha l’obbligo di assumerne le responsabilità in forma diretta.


Quest’ultima però potrebbe anche rivelarsi un punto di forza: un partito che soffre di asfissia come l’attuale pd ha bisogno soprattutto di due cose: non usiamo il termine egemonia che evoca momenti passati e fortemente criticabili nella storia della sinistra, ma il bisogno di riaffermare una centralità ed un’importanza di posizione nell’ambito di quello schieramento che vuole puntare a vincere le prossime elezioni esiste. Ed esiste al contempo la necessità di una leadership rinnovata che può non essere quella di una sola persona, ma quella di un nuovo e diverso gruppo dirigente, che non si porti dietro i condizionamenti delle varie storie, meglio se formato e forgiato nelle esperienze amministrative locali. Ecco quindi quale potrebbe essere il ruolo o la mission, come qualcuno preferisce, che Renzi potrebbe ritagliarsi in questa fase, cioè quello di essere propulsore e  guida di un ampio cammino di rinnovamento che aspiri prima di tutto a ricostituire una classe dirigente di tutto il movimento e soprattutto a ricostituirlo sulla base di una rinnovata esigenza culturale riformista negli obiettivi e liberale nei metodi. Del resto proprio nella cronaca recente e negli inviti per gli apporti di spicco alla convention della Leopolda, si ritrovano le premesse per accorgerci che questo disegno si è iniziato e che si può sviluppare. Resta perciò solo da augurarsi che  Matteo Renzi,  il quale come abbiamo già sostenuto è un cattolico finora attento ad una concezione laica della politica, abbia come prima battuta questo come obiettivo intermedio da perseguire e che gli altri, compreso quello della sua affermazione personale, si misurino e si modellino sulle esperienze e sui successi ricavati.

Silla Cellino

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