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martedì 24 maggio 2011

Un sogno di bambino che diventa realtà: provare una tappa del Giro a fianco dei professionisti

  • di Maximilian Cellino, da http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-05-24/sogno-bambino-diventa-realta-155740.shtml?uuid=Aa9gU4ZD


Pedalare su una salita a fianco dei professionisti è sempre stato un mio sogno. Fin da bambino, da quando andavo a vedere il Giro ogni volta che passava vicino a casa e qualche volta pure in cima alle montagne lontane, dai nomi mitici Gavia, Stelvio, Izoard. Il sogno diventa realtà a Belluno, nella giornata di riposo che i girini si sono più che meritati dopo tre tappe massacranti che li hanno portati al Grossglockner, sul Monte Zoncolan e a Gardeccia di Fassa.

All'indomani si riparte subito in salita, con una cronoscalata di 12,6 chilometri che porterà i protagonisti uno ad uno fino ai mille metri di Nevegal, le squadre ne approfittano per tirare il fiato, ma anche per andare a prendere le misure alla salita che li vedrà protagonisti 24 ore dopo.
 

La telefonata arriva da Sky Procycling, il team fondato da James Murdoch e presente al Giro: "Volete provare il percorso insieme alla squadra sulle nostre bici?". Come si fa a dire di no? E infatti alle 11 sono puntuale a Belluno in Piazza dei Martiri (un nome che è già tutto un programma), luogo di partenza della crono. La città vive il fermento tipico della vigilia: si montano gli stand, si addobbano le vetrine, si assiste con curiosità all'invasione festosa della carovana. In un angolo individuo subito i futuri compagni di scalata: sono abbigliati di tutto punto, li tradiscono però qualche chilo di troppo e soprattutto le gambe non depilate! Il contrasto con le Pinarello fiammanti che ci attendono dall'altro lato della piazza è evidente. Una aspetta me e io mi avvicino con un misto fra timore e deferenza. Pensavo di provare la Dogma, la bici utilizzata dal Team Sky al Giro, invece trovo la Kobh 60.1. «È quella che viene usata per le classiche del Nord, Kobh sta per Cobblestone, il pavé della Roubaix. Rispetto alla Dogma è meno scattante, ma più comoda e adatta alle lunghe distanze, a percorsi come quelli delle Gran Fondo», si affretta a spiegare Andrea Pinarello. Il numero si riferisce invece al carbonio del telaio, lo stesso utilizzato per l'Airbus 380. Arriva dal Giappone, da un'azienda che si chiama Torai che lo ha dato in esclusiva a Pinarello. Ruote e altri componenti sono il meglio che si possa trovare. La sollevo, è una piuma: pesa 7 chili, borracce comprese. Non posso trattenermi dal chiedere quale sia il prezzo di listino: "Settemila, abbondanti" risponde Pinarello. Praticamente mille euro al chilo!

I corridori Sky però non ci sono, all'ultimo momento hanno deciso di allenarsi su altre strade. Peccato, ma ne troveremo certo altri sul percorso. Ci accompagnano invece Nico Portal, il direttore sportivo francese del Team, Andrea Pinarello, che fornisce le bici. E c'è pure Eros Poli, oro alle olimpiadi di Los Angeles e campione mondiale con il quartetto della 100 km. Gli appassionati lo ricordano però ancora come Monsieur Ventoux per quella cavalcata solitaria di quasi 200 km sotto un sole cocente che lo portò, lui marcantonio di oltre 90 chili, a domare il gigante e a giungere a braccia alzate a Carpentras. Era il 1994, per anni le sigle del Tour hanno rimandato le immagini di erospolì, come lo chiamano i francesi, che fa l'inchino mentre taglia la fettuccia del traguardo. Ora collabora con Pinarello, e organizza circuiti ciclo-eno-gastronomici nel veronese e nel trevigiano, accompagnando per lo più turisti americani e australiani. Due ragazzi si avvicinano e gli chiedono l'autografo: avranno sì e no 15-16 anni, mi chiedo proprio come facciano a conoscerlo. Neanche la divisa è Sky, ci consegnano infatti una maglia marchiata Ig Markets, l'altro sponsor del Team. È gialla, modello Tour, beneaugurante. Il casco invece è quello ufficiale, lo fornisce Kask, una ditta italianissima a dispetto del nome, che da Chiuduno in provincia di Bergamo sta tentando di farsi strada nel mondo delle due ruote.

Così agghindata, la novella armata Brancaleone può finalmente partire lancia in resta verso Nevegal, sotto un sole che si addice più alle tappe del Tour nel sud della Francia che allo scenario alpino che abbiamo di fronte. Siamo una decina, di diverse taglie e di varie età. All'inizio c'è pure il tempo di scherzare, di guardarsi attorno, di provare la gamba (si fa per dire) e di incontrare qualche collega un po' più famoso. Vediamo quelli della Ag2r, con John Gadret, francese quarto in classifica. Poi passano prima Vincenzo Nibali (ma in macchina!) e poi Michele Scarponi, il terzo e il secondo del Giro. Per completare il podio mancherebbe Alberto Contador, ma lo spagnolo non riusciamo proprio a vederlo. Magari non ha bisogno neanche di allenarsi per rifilare un alto paio di minuti a tutti! La salita parte docile docile, sul percorso ci sono già i camper di appassionati che passeranno qui la notte in attesa del gran giorno. Per ora si devono accontentare di incitare la nostra pattuglia sgangherata, ma non si risparmiano: il cuore (o la compassione?) del tifoso-ciclista è immenso. Dopo Caleipo arriva d'un tratto il colpo a tradimento: un'impennata dritta al 10%, di quelle che non si sa mai se fanno più male alle gambe o al morale. Proseguirà così per i successivi 5 chilometri, con tornanti anche al 14 percento. Nessuno osa più sprecare il fiato, le facce si fanno scure, il sudore gronda, le schiene si ingobbiscono, i polpacci si infiammano, la bici procede a zigzag. Qualcuno desiste e monta sulle macchine al seguito, altri si affidano all'esperienza (e alle gentili spintarelle) dei nostri ciceroni. Io come al solito vado su piano piano, una pedalata dopo l'altra, e mi chiedo quali colpe abbia mai da espiare per torturarmi in questo modo. In più i perfidi accompagnatori sui mezzi mobili ci riprendono, ci fotografano, ci incoraggiano e un po' ci prendono anche in giro. A volte vorresti anche mandarli al diavolo, ma finisci per arrenderti al fascino della telecamera e sorridi fingendo di essere fresco come una rosa.


A un certo punto dall'ammiraglia arriva un urlo:"Arrivano quelli dell'Astana!". Dato che l'orgoglio del ciclista della domenica è smisurato, cerchi di raddrizzarti mentre aspetti che le loro maglie giallocelesti ti raggiungano e ti passino via con la leggerezza di una farfalla e fai di tutto per non far vedere che invece stai schiattando. Quando mi rimontano non sembra che vadano neanche troppo forte: chiacchierano come tre comari di fronte a cappuccino e brioche. Mi chiedo se non stiano veramente andando a farsi un giretto al bar e non provo neppure a star loro dietro perché sono già a tutta da un bel pezzo. Poco più avanti, quando la strada spiana e dà finalmente un po' di tregua spunta il quarto Astana: dalla macchina mi urlano che è Roman Kreuziger, la maglia bianca, il migliore dei giovani al Giro. Non so cosa mi scatti in testa, ma di colpo ammattisco, raschio in fondo al barile le forze residue, scatto e mi metto alla sua ruota. Il cuore pompa all'impazzata, i polpacci ardono, scorgo il contachilometri che segna 35 chilometri all'ora, e siamo pur sempre in salita! È il mio piccolo momento di gloria, sfrutto il "passaggio", raggiungo i due compagni che viaggiavano più avanti. Dalla macchina giurano pure di avermi visto fare le ruota come i pavoni ma dura poco, sì e no 300 metri. Poi la strada si impenna di nuovo per il finale, lui continua con quel passo e io rimbalzo dietro. Meno male che il traguardo è giusto dietro la curva.

Arriviamo un po' tutti alla spicciolata e lo staff ci festeggia come eroi, sotto lo sguardo interrogativo dei tifosi che già si pregustano lo spettacolo del giorno successivo. Poco più in là stanno montando il palco delle premiazioni: meno male che sono soltanto all'inizio altrimenti forse ci avrebbero issato lì, con tanto di miss e champagne! E meno male che il ristorante è a due passi così che raggiungerlo è uno scherzo. La truppa ride, scherza e soprattutto mangia e beve senza risparmiarsi. Ai tavoli a fianco siedono i corridori di una squadre vera, di fronte a loro pasta all'olio, fettina ai ferri e insalata, forse anche scondita. E pensare che fino a qualche minuto prima li avevo pure invidiati! 

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