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martedì 17 maggio 2011

Dopo le amministrative questi partiti non reggono più. E’ ora di cambiare, però con giudizio

pubblicato su www.pensalibero.it il 17 maggio 2011

Da una cosa dobbiamo innanzi tutto trarre soddisfazione: nonostante il tentativo dei vertici di fare di queste elezioni una questione di politica nazionale, le ragioni locali hanno preso il sopravvento e condizionato l’esito dello scrutinio. Ciò non vuol dire che non si possano fare considerazioni di politica nazionale, anzi proprio dal fatto che siano prevalse le ragioni locali – di politica, si badi bene, e non di fatti semplicemente amministrativi – possiamo rallegrarci che gli italiani comincino a ragionare ed a misurarsi sulle cose e non sui proclami dell’una o dell’altra parte.

Una seconda considerazione c’è da fare ed anche questa in termini positivi: la sconfitta generale dei partiti, di quelli della seconda repubblica e che dalla seconda repubblica hanno tratto una rendita. Bisognerà però analizzare che cosa questa sconfitta rappresenta  e quali auspici possiamo trarne non in vista della scomparsa dei partiti, ma di una loro riproposizione in termini da ripensare ex novo.

In contrapposizione al declinare dei partiti c’è un’avanzata dei movimenti. Ciò può esser ritenuto normale in una consultazione amministrativa dove si raggruppano consensi intorno a personaggi o ad esigenze locali; ma se i movimenti hanno una proiezione nazionale ed ottengono successi quasi generalizzati si è di fronte ad un fenomeno che scopre esigenze e mette radici. Ciò semplicemente per dire che sarebbe senz’altro sbagliato rincorrere i movimenti e rinunciare alla politica, ma se i movimenti esistono è perché la politica – questa politica – ha lasciato dei vuoti.

Il primo vuoto è senz’altro da addebitare al partito di maggioranza relativa, che per la verità quanto a contenuti non ha mai brillato.  Ma negli ultimi tempi ha passato il limite della decenza, arroccandosi attorno al suo leader, finché il suo leader non s’è arroccato su se stesso. C’è ancora chi fa professioni fideistiche, ma ormai il dubbio comincia ad insinuarsi anche nei loro ambienti, soprattutto quando le conseguenze toccano il modo di vivere ed anche il portafoglio, che poi spesso è la misura di tanti comportamenti elettorali. Ciò si riflette anche sulla Lega, soggetto che di norma a suo modo fa politica e ne viene premiata; nella pratica recente invece subisce, magari in maniera riottosa, ma ne paga le conseguenze.

E’ palpabile anche il vuoto del pd, inteso come maggior partito antagonista. In definitiva l’assenza di una politica alternativa può consentirgli di vincere localmente solo sfruttando una rendita di posizione, come a Torino, o facendosi rappresentare da apporti esterni, come a Milano, anche se per ora limitatamente al primo turno. Ma Napoli è una tragedia: magari annunciata, non in questa misura però. Se finora si ricavava l’impressione di un partito come semplice collage di nomi e di vecchi ricordi, oggi tutto questo non basta più, di fronte alle attese che una fine possibile, anche se non certa o immediata, del berlusconismo richiede.

Tra le complesse cifre dei risultati elettorali balzano anche affermazioni locali di movimenti compositi, molti dei quali si ispirano a principi riformatori, socialisti e liberali. Rappresentano probabilmente un assaggio di quel soggetto più ampio che dovrebbe prendere l’avvio il prossimo 28 maggio. Però con l’avvertenza che ne dovrà uscire non solo un metodo o un sistema di rapporti tra e con le forze politiche, ma soprattutto un coinvolgimento di soggetti che potranno essere giovani o meno giovani, ma interpreti o rappresentativi di quel nuovo che la società può esprimere e che da questa politica s’è allontanato. Altrimenti i risultati fallimentari del terzo polo restano in agguato.

Silla Cellino

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