pubblicato su pensalibero.it il 4 marzo 2011 Al di là delle celebrazioni [vere? fasulle? staremo a vedere] della nuova generazione telematica dei giovani nordafricani una cosa è certa: come l’Italia è stata presa alla sprovvista dall’evolversi degli avvenimenti, altrettanto lo sono stati l’Europa ed il mondo. Ora si cerca di recuperare mentre tutti fanno finta di non aver conosciuto, se non di sfuggita, i vari Ben Alì, Mubarak e soprattutto Gheddafi rispolverando virginali comportamenti. Intendiamoci: la realpolitik è una cosa seria e chi non la pratica rimane ineluttabilmente indietro nel concerto – come si diceva una volta – delle relazioni internazionali, che sono relazioni non tanto diplomatiche, quanto soprattutto economiche ed oggi di una particolare applicazione delle relazioni economiche, l’approvvigionamento di energia, con il logico corollario di investimenti ed affari connessi. C’è una cosa però che non ci convince nell’attuale dibattito in corso; e parliamo solo per semplicità del nostro paese. E cioè che la polemica verte soprattutto sul grado maggiore o minore di ossequienza che i vari governi, con particolare riferimento a quello attuale, hanno mostrato nei confronti dei deprecati regimi. Eppure è una costante che tutti i governi e tutti gli esponenti politici, da almeno quarant’anni a questa parte, non hanno fatto che avvallare fatti e misfatti di quanto avveniva nelle varie capitali dell’altra sponda del Mediterraneo. Basti leggere in proposito quanto ha scritto pochi giorni fa l’ottimo e competente Sergio Romano, quando ha attribuito equamente tali responsabilità a tutta la classe politica italiana a cominciare, temporalmente, da Aldo Moro, personaggio dai più, per ovvie ragioni, considerato intoccabile. Non è però sul passato che si deve rivolgere il nostro sguardo, quanto sull’incapacità di pensare qualcosa per il futuro, se non una generica disponibilità che puzza di attendismo. Oggi si dice che c’è una frattura tra l’Italia e l’Europa, ma in realtà sarebbe più corretto dire che l’Europa lascia molto a desiderare. E allora, siccome casualmente in mezzo al Mediterraneo ci stiamo più di chiunque altro, non sarebbe male che di una politica europea per tutta l’area qualcuno desse qualche indicazione, la sostenesse e ne fosse un po’ protagonista, anche con attenzione rivolta a quelle nuove forze emergenti di cui tanto si parla. Ed è un appello che, per ovvi motivi di credibilità, dobbiamo rivolgere alla sinistra, che invece se ne strafrega. Mettiamo perciò anche questo, accanto a tutto ciò che la sinistra e per essa il suo maggior partito, tutto preso nel suo antiberlusconismo becero non propone, come è già è stato ed è nel campo delle riforme, della giustizia, del lavoro, della laicità, della lotta ai poteri forti e chi più ne ha più ne metta. Silla Cellino |
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venerdì 29 aprile 2011
Europa e Mediterraneo. Ma non c'è anche l'Italia?
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