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giovedì 11 gennaio 2018

Start-up innovative: a che punto siamo

edizione integrale dell'articolo, pubblicato sulla rivista on-line 
Consulenza, ed. Buffetti  del 18 gennaio 2018, con qualche semplificazione 



Forse è ancora presto per poter giudicare se le start-up innovative, così come introdotte dall’art. 25 del DL 179/2012 convertito con Legge 221/2012 siano arrivate ad un punto o ad un livello di diffusione, di efficienza e di risultati da poter essere considerate ormai adulte o se lo strumento abbia bisogno di adattamenti alle attuali dinamiche della società e del mercato[1], però può essere utile ricordarne le caratteristiche, dopo che, dalla loro istituzione si sono vissute certe esperienze e verificati adattamenti legislativi ed emissione di prassi.

Di quanto previsto dalla legge del 2012, se non proprio esaurientemente, quanto meno diffusamente avevamo già parlato in occasione della nascita di questa nuova figura societaria e operativa[2], però la situazione al momento attuale ha registrato qualche aggiustamento di cui si deve dar conto, quindi riassumiamo le caratteristiche dell’istituto così come ci sono state consegnate dalla legge istitutiva e conservano ancora la loro validità ed attualità accennando poi alle modifiche/integrazioni che si sono nel tempo succedute.

Iter costitutivo semplificato

La start-up innovativa è una particolare forma imprenditoriale, da costituirsi esclusivamente sotto forma di società di capitali tra quelle attualmente previste dal codice civile, società per azioni, società a responsabilità limitata, anche semplificata o giovanile, società cooperativa; è ammessa anche la costituzione sotto forma di societas europaea, come da legislazione comunitaria. 

Prima condizione per il riconoscimento dello status di start-up innovativa è che l’oggetto sociale esclusivo consista nello sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti e/o servizi ad alto valore tecnologico. Altri requisiti  erano e permangono che la società, che ha sede principale di affari e interessi in Italia, sia di nuova costituzione e neppure derivante da operazioni straordinarie come fusione o scissione oppure cessione di azienda o ramo della stessa; in alternativa può essere stata costituita, sempre ex novo, da non più di 60 mesi[3]; infine il valore della produzione annua non deve superare i cinque milioni di euro. Non è più richiesto, come era in origine, il requisito che la maggioranza del capitale sociale e del diritto di voto in assemblea sia detenuto da persone fisiche; questa disposizione infatti è stata soppressa già a partire dall’anno successivo e precisamente con la legge 99/2013, di conversione del Decreto legge 76/2013.

Sempre per quanto riguarda la costituzione sono state introdotte successivamente importanti e sostanziali semplificazioni. Infatti, con il Decreto Legge 3/2015, convertito con Legge 33/2015 e successivamente regolamentato con decreto del Ministero dello sviluppo economico del 17 febbraio 2016, in alternativa alla tradizionale e sempre valida modalità assistita da notaio, viene prevista anche, ma solo per questa particolare forma di società da iscrivere nella sezione speciale delle start-up, una procedura più immediata con l’iscrizione diretta presso la Camera di commercio interessata per territorio attraverso l’utilizzo a titolo gratuito di un’apposita piattaforma dedicata; la semplificazione vale anche  per eventuali successive modificazioni dell’atto costitutivo. Procedendo con questa modalità l’atto costitutivo e lo statuto sono redatti in forma esclusivamente informatica e corredati dalla firma digitale di ciascun sottoscrittore o dell’unico sottoscrittore in caso di società unipersonale, disponendo altresì che un atto sottoscritto in maniera diversa non sia iscrivibile nel registro delle imprese. La procedura può essere avviata alternativamente in due maniere: o tramite gli uffici della camera di commercio competente per territorio e in tal caso l’iscrizione alla sezione speciale delle start-up avviene contestualmente all’iscrizione nel registro delle imprese; oppure direttamente con procedura informatica da parte degli interessati, ma, adottando questa seconda modalità, l’iscrizione nel registro delle imprese avviene provvisoriamente, in attesa della verifica dei requisiti per essere considerate start-up innovative con conseguente iscrizione alla sezione speciale. Secondo i dati Unioncamere la semplificazione delle procedure ha contribuito in maniera apprezzabile alla diffusione di questo tipo di società, almeno dal punto di vista numerico.

Si aggiunge per completezza d’informazione che il ricorso presentato presso il TAR del Lazio dal Consiglio nazionale del notariato avverso tale procedura è stato oggetto di una recente sentenza dello stesso Tribunale adito, con la quale si stabilisce che è conforme al diritto comunitario la previsione di un atto costitutivo e di statuto della società che non rivesta la forma dell’atto pubblico, se la legislazione prevede al momento della costituzione un controllo preventivo, amministrativo o giudiziario, tenendo conto che queste verifiche sono demandate all’ufficio del registro delle imprese nel procedimento d’iscrizione. Di contro, lo stesso TAR del Lazio accoglie la doglianza notarile su quella parte del decreto ministeriale che consentiva l’iscrizione nella sezione ordinaria del registro delle imprese alla società eventualmente cancellata dalla sezione speciale per motivi sopravvenuti, il che avrebbe avuto come conseguenza la presenza nella sezione ordinaria di una società non costituita per atto pubblico[4]; annulla pertanto l’art. 4 del DM del 17 febbraio 2016, nonché il terzo comma dell’art. 5, in quanto limitativo delle funzioni notarili nel caso in cui, comunque, gli atti fossero redatti per atto pubblico.

Oltre le operazioni di costituzione, alcuni aggiustamenti sono stati introdotti anche per le condizioni di operatività, soprattutto in materia di requisiti essenziali, ma anche per quanto riguarda le agevolazioni. Si ricorderà che i requisiti essenziali erano tre, dei quali era richiesto il possesso di almeno uno, ma non ovviamente con esclusione degli altri. Originariamente le spese per ricerca e sviluppo dovevano costituire almeno il 30% del maggior valore tra costo e valore della produzione, mentre adesso questo rapporto viene ridotto al 15%. Quanto alle caratteristiche della forza lavoro viene previsto ora che almeno due terzi degli occupati (dipendenti o collaboratori a qualsiasi titolo, ma per quanto riguarda i collaboratori vedi più appresso) siano in possesso di laurea magistrale oppure – in alternativa – che almeno un terzo della forza lavoro stessa sia costituita da dottorandi, dottori di ricerca o ricercatori con tre anni di esperienza in attività di ricerca, mentre in precedenza la condizione richiesta era solo per il personale altamente qualificato nella ricerca con i requisiti accademici necessari, che doveva costituire il 30% della forza lavoro. Permane invece la condizione di avere la titolarità o la licenza di almeno una privativa industriale direttamente afferente all’oggetto sociale. Come già detto, resta all’uopo comunque sufficiente, la condizione richiesta nel precedente assetto, ossia il possesso di almeno uno di questi tre requisiti.

Il lavoro nella start-up innovativa

Già, a proposito di requisiti, per quanto riguarda quello relativo alla forza lavoro è opportuno accennare ad alcune situazioni che vengono a modificarsi per effetto di disposizioni legislative nel frattempo intervenute. Per queste in primo luogo saranno da valutare in materia di collaboratori le conseguenze della soppressione dell’art. 61 e connessi del d.lgs. 276/2003 e quanto invece lascia in piedi il jobs act in materia di collaborazioni coordinate continuative. Pertanto è da ritenersi che l’originaria stesura della legge, che prevedeva  tra le condizioni di operatività la presenza di occupati, anche in veste di collaboratori, con le caratteristiche poco sopra descritte, debba essere ora intesa nel senso che i collaboratori sono solo quelli desumibili dalla lettura dell’art. 409 del codice di procedura civile. Possiamo chiederci a questo proposito se anche gli amministratori che partecipano direttamente all’attività d’impresa e che sono forniti dei titoli previsti possano essere considerati ai fini del soddisfacimento dei requisiti richiesti dalla legge. La risposta è affermativa, a seguito del chiarimento fornito dal Ministero dello Sviluppo economico[5]; dubbi invece possono sorgere relativamente ai lavoratori con partita Iva, fenomeno esistente e potenzialmente valorizzabile, ma poco accettato a livello di controlli e di accertamento. Sotto questo profilo è istruttivo che nelle relazioni annuali al Parlamento del Ministero dello sviluppo economico il computo delle presenze relative a questa categoria venga esplicitamente escluso[6].

È venuto poi a modificarsi il regime delle assunzioni a tempo determinato. Resta fermo che i dipendenti assunti con questa modalità rientrano a pieno titolo nel computo ai fini del riconoscimento dello status di start-up, ma se prima l’agevolazione consisteva nella non esistenza dell’obbligo di dover indicare la causale, adesso per effetto del jobs-act quest’agevolazione non ha più senso, però viene consentito alle start-up innovative di non soggiacere per questo tipo di assunzioni al limite del 20% della forza lavoro, nonché, in caso di eventuali rinnovi, di poter prorogare il contratto senza soluzioni di continuità, superando cioè l’ordinario obbligo di stop and go tra un contratto e l’altro. In tema di benefici invece deve intendersi confermato quello più generale relativo al credito d’imposta per l’assunzione di personale altamente qualificato, con un ulteriore riconoscimento consistente nella possibilità di assumere a condizioni agevolate anche sotto forma di apprendistato; inoltre per le start-up non è richiesta, per poter essere ammessa al credito, la certificazione da parte di un professionista con la qualifica di revisore legale o del collegio sindacale quando esistente.

Per concludere sul tema lavoro accenniamo anche alla struttura della retribuzione prevista per i dipendenti delle start up innovative, retribuzione che deve essere costituita di due elementi, una parte fissa ed una variabile. La parte fissa non può essere inferiore a quanto previsto dalla contrattazione collettiva nazionale di riferimento per quelle mansioni ed il livello corrispondente; per quella variabile è opportuno svolgere alcune considerazioni.  Infatti il concetto di retribuzione variabile resta poco definito e non poteva essere altrimenti, essendo per forza di cose rinviato alla contrattazione  di secondo livello, oppure aziendale e anche a quella individuale. Fermo restando infatti che la contrattazione nazionale può solo eventualmente indicare i criteri a cui attenersi per la determinazione della parte variabile – e al momento non risulta affrontata questa tematica – in effetti è più concreto che tali criteri vengano determinati a livello decentrato anche fino allo stesso livello aziendale, essendo la dimensione produttiva  del lavoratore o del gruppo di lavoro più facilmente parametrabile a questo livello. A sostegno di tale direzione di comportamento va considerata anche la possibilità prevista dalla legge che la retribuzione variabile possa essere rappresentata in tutto o in parte da assegnazione di stock option o cessione gratuita di quote o azioni della società. In quest’ultima ipotesi il reddito derivante è escluso dalla base imponibile sia ai fini fiscali che contributivi; per questi ultimi, naturalmente, per quanto riguarda la contribuzione a carico del dipendente[7].

Il regime dei controlli

L’essere iscritta in una sezione speciale del registro delle imprese riservato alle start-up innovative[8] dà diritto ad alcuni vantaggi, ma comporta anche l’assoggettamento a particolari controlli diretti alla sussistenza prima ed al mantenimento poi dei requisiti. Può essere interessante entrare nel merito di questi requisiti e del loro mantenimento e l’occasione ce la presenta il Ministero dello Sviluppo Economico con una recente circolare diretta alle Camere di commercio[9], di difficile digestione relativamente al linguaggio adottato, dalla quale si ricavano però utili indicazioni in ordine a detti controlli. Posto che le verifiche riguardano due momenti, quello preventivo e quello dinamico, di quello preventivo, che contiene comunque utili precisazioni operative delle quali però sarebbe troppo lungo tener conto in questa sede, sarà sufficiente dire  che gli organi predisposti dovranno accertare in maniera formale e sostanziale che siano stati rispettati gli adempimenti previsti per le società di nuova costituzione e la sussistenza delle condizioni richieste dalla legge per quelle già esistenti da non più di sessanta mesi ammesse alla agevolazione.  

Soffermiamoci invece un attimo sulla fase dinamica, cioè alle verifiche che le camere di commercio debbono condurre in itinere. Questa fase presentava anche un aspetto di attualità, dal momento che, secondo quanto affermava la circolare ministeriale lo scorso 18 dicembre andava ad esaurirsi lo speciale regime che interessava le società già esistenti alla data di entrata in vigore della norma. Per la verità questa sezione della circolare non ha il privilegio della chiarezza, dato che non viene definito in maniera esauriente quale sarebbe il contingente d’imprese per le quali lo speciale regime sarebbe andato in scadenza, appunto, lo scorso 18 dicembre. Si fa riferimento infatti alle agevolazioni di natura fiscale, di cui schema e contenuti sarebbero descritti nella circolare dell’Agenzia delle Entrate numero 16/E dell’11 giugno 2016. Con tutta probabilità si tratta di un refuso, poiché detta circolare numero 16/E risale all’11 giugno 2014 con riferimento alla scadenza del 18 dicembre 2016, mentre nel 2016 non è rintracciabile alcuna circolare che tratti del medesimo argomento. Era forse necessario un chiarimento, ma al momento in cui scriviamo queste note non risulta ancora uscito o forse adesso è giudicato superfluo. A proposito, poi, delle agevolazioni di natura fiscale, sia quelle a favore delle imprese, che quelle a favore degli investitori, c’è da dire che si avviano a diventare stabili, essendo state confermate e in qualche caso incrementate in occasione della legge di bilancio 2017.

Inoltre la circolare ministeriale ribadisce la necessità di verificare il mantenimento dei requisiti caratteristici, che prevedono, in primo luogo, che il valore annuale della produzione non sia superiore a 5 milioni di euro, che non sia avvenuta distribuzione degli utili, che nel frattempo la società non sia stata quotata. Un particolare controllo poi dovrà essere esercitato in relazione ai tre requisiti precedentemente richiamati, di cui all’art. 25, comma 2, lettera h), tenendo presente che non è tassativo che venga mantenuto sempre lo stesso requisito, ma che sia possibile variare il requisito prescelto, restando fermo che almeno uno di essi deve sempre sussistere. Infine – ma solo per le start-up innovative a vocazione sociale – sarà verificato che sia stato presentato il documento di descrizione dell’impatto sociale.

Start-up e capitale di rischio

Facciamo ora cenno, brevemente, all’evoluzione della normativa e della prassi intervenuta in materia di disposizioni finanziarie e di strumenti operativi per la raccolta di capitale di rischio a favore delle start-up innovative. Fin dall’assetto originario si faceva riferimento  ad investitori per iniziativa privata, ma anche alla nuova istituzione del portale per la raccolta. Agli investitori per iniziativa privata, soggetti individuali oppure società di persone o di capitali che fossero, era permesso di beneficiare di particolari detrazioni o deduzioni d’imposta, con articolata misura e modalità, a valere per i periodi d’imposta dal 2013 al 2016 (e adesso, come abbiamo visto anche per gli anni successivi) per i soggetti sia Irpef che Ires, benefici stabiliti in misura più vantaggiosa per gl’investimenti effettuati nelle start-up innovative a vocazione sociale. L’operazione può essere effettuata sia direttamente, sia attraverso un organismo d’investimento collettivo del risparmio, cosiddetto in sigla OICV, oppure anche per il tramite di una società di capitali avente per oggetto prevalente la partecipazione finanziaria a start-up innovative.

La Consob, con apposita delibera del 26 giugno 2013, ha istituito il registro dei gestori dei portali, cioè delle piattaforme on-line che hanno come finalità esclusiva la facilitazione della raccolta dei capitali di rischio da parte degli offerenti. Il relativo regolamento è stato adottato con la medesima delibera Consob poi successivamente modificato e integrato con delibera del 24 febbraio 2016. Tale sistema di finanziamento, operante come detto attraverso portali informatici, è noto sotto il nome di crowdfunding, che in italiano può tradursi pressappoco come investimento collettivo, un processo più generale ed ampio di cui gl’interventi a favore di start up innovative costituiscono solo una sezione e per di più recente. Nella maggior parte dei paesi è generalmente libero, mentre la Consob fa notare che l’Italia è il primo paese d’Europa ad essersi dotato di un assetto regolamentare specifico.

Per finire

Vorrei infine concludere queste note con un segno di ottimismo. La critica più diffusa che viene rivolta al sistema delle start up, con particolare riferimento all’esperienza del nostro paese, è che non abbiano la capacità di poter crescere, restando limitate alla loro dimensione medio-piccola; del resto, ponendo l’attenzione a programmi di lavoro che si basano sì sulla ricerca e lo sviluppo dell’innovazione, ma anche sulla capacità e sulla qualifica in un certo senso élitaria delle risorse umane impiegate, è difficile poter pensare ad una evoluzione di massa del business e ad un suo progressivo posizionamento verso una dimensione industriale. Il rischio allora è, come è stato affermato, che i giganti della tecnologia si mangino le start up oppure che progressivamente tolgano loro il terreno.

Eppure i numeri non parlano propriamente così: un recente studio della Banca d’Italia osserva che tra le startup innovative che hanno iniziato la vendita si registrano tassi di crescita del fatturato e dell’attivo più alti rispetto alle altre imprese e inoltre che risulta significativamente più elevata (di oltre 15 punti percentuali) l’incidenza sull’attivo delle attività immateriali che, includendo le spese sostenute per ricerca e sviluppo, marchi o brevetti, sono tipicamente correlate al grado di innovazione delle aziende. Sicuramente emerge dal citato studio che un ruolo determinante è assolto dalle agevolazioni introdotte per la raccolta dei finanziamenti, però, come sostiene il ministro Calenda nella sua introduzione della già citata relazione annuale al Parlamento sul tema in questione, è un fatto anche che si è voluto venire incontro ad una “nuova generazione di imprese, che può lasciare il segno non solo da un punto di vista culturale, ma anche e soprattutto economico, perché grazie alla sua attitudine all’innovazione tecnologica e alla sperimentazione di nuovi modelli di business, nel lungo periodo stimolerà un incremento nei livelli di produttività, di competitività ed efficienza dell’intero tessuto”.




[1] Magari anche al netto di un certo dibattito in corso sulla loro natura e funzione nella dinamica attuale. Ne ha scritto recentemente in proposito Arrigo Panato in http://www.econopoly.ilsole24ore.com/2017/10/29/startup-era-finita-pmi-dinamiche/?uuid=96_vDPXUSS5
[2] Si vedano in questa stessa rivista n. 39/2012 e n. 12/2013 i miei articoli Le start-up innovative e Postille alle start-up innovative, nonché Start up innovative. Brevi appunti per cominciare: il business plan in http://ionis56.blogspot.it/2013/01/start-up-innovative-brevi-appunti-per.html
[3] In precedenza il termine ex ante era di 48 mesi, modificato successivamente per effetto del coordinamento con il Decreto Legge 3/2015
[4] Sentenza Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio n. 10004/2017 del 2 ottobre 2017
[5] Parere n. 147538 del 22 agosto 2014, confermato con analogo messaggio n. 155486 del 4 settembre 2015.
[6] Citiamo a titolo esemplificativo la relazione del ministro Calenda per l’esercizio 2016, in cui nel’analisi della forza lavoro, soci e addetti, si afferma che “per dipendenti si intendono tutti coloro in possesso di un contratto a carattere subordinato con l’azienda, inclusi i lavoratori part-time e stagionali” e che “il dato non comprende i lavoratori con partita Iva”. Vero è che nel documento e nella statistica ivi contenuta non figurano neppure le collaborazioni, le quali però sono riconosciute dai citati messaggi dello stesso Ministero, sia pure datati anteriormente alla relazione Calenda.
[7] Disposizione introdotta con DL 25 giugno 2008 n. 112, convertito con Legge 6 agosto 2008 n. 112. Si veda in proposito circolare Inps n. 123 del 11 dicembre 2009.
[8] Ed anche alle PMI innovative delle quali non ci occupiamo in questa sede.
[9] Circolare Ministero dello Sviluppo Economico n. 3696/C del 14 febbraio 2017

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