edizione integrale dell'articolo, pubblicato sulla rivista on-line
Consulenza, ed. Buffetti del 18 gennaio 2018, con qualche semplificazione
Consulenza, ed. Buffetti del 18 gennaio 2018, con qualche semplificazione
Forse è ancora presto per poter giudicare se le start-up innovative, così come introdotte dall’art. 25 del DL 179/2012 convertito con Legge 221/2012 siano arrivate ad un punto o ad un livello di diffusione, di efficienza e di risultati da poter essere considerate ormai adulte o se lo strumento abbia bisogno di adattamenti alle attuali dinamiche della società e del mercato[1], però può essere utile ricordarne le caratteristiche, dopo che, dalla loro istituzione si sono vissute certe esperienze e verificati adattamenti legislativi ed emissione di prassi.
Di quanto previsto dalla legge
del 2012, se non proprio esaurientemente, quanto meno diffusamente avevamo già parlato
in occasione della nascita di questa nuova figura societaria e operativa[2],
però la situazione al momento attuale ha registrato qualche aggiustamento di
cui si deve dar conto, quindi riassumiamo le caratteristiche dell’istituto così
come ci sono state consegnate dalla legge istitutiva e conservano ancora la
loro validità ed attualità accennando poi alle modifiche/integrazioni che si
sono nel tempo succedute.
Iter costitutivo semplificato
La start-up innovativa è una
particolare forma imprenditoriale, da costituirsi esclusivamente sotto forma di
società di capitali tra quelle attualmente previste dal codice civile, società
per azioni, società a responsabilità limitata, anche semplificata o giovanile, società
cooperativa; è ammessa anche la costituzione sotto forma di societas europaea, come da legislazione
comunitaria.
Prima condizione per il
riconoscimento dello status di start-up innovativa è che l’oggetto sociale esclusivo consista nello sviluppo, la
produzione e la commercializzazione di prodotti e/o servizi ad alto valore
tecnologico. Altri requisiti erano e
permangono che la società, che ha sede principale di affari e interessi in
Italia, sia di nuova costituzione e neppure derivante da operazioni straordinarie
come fusione o scissione oppure cessione di azienda o ramo della stessa; in
alternativa può essere stata costituita, sempre ex novo, da non più di 60 mesi[3];
infine il valore della produzione annua non deve superare i cinque milioni di
euro. Non è più richiesto, come era in origine, il requisito che la maggioranza
del capitale sociale e del diritto di voto in assemblea sia detenuto da persone
fisiche; questa disposizione infatti è stata soppressa già a partire dall’anno
successivo e precisamente con la legge 99/2013, di conversione del Decreto
legge 76/2013.
Sempre per quanto riguarda la
costituzione sono state introdotte successivamente importanti e sostanziali
semplificazioni. Infatti, con il Decreto Legge 3/2015, convertito con Legge
33/2015 e successivamente regolamentato con decreto del Ministero dello
sviluppo economico del 17 febbraio 2016, in alternativa alla tradizionale e
sempre valida modalità assistita da notaio, viene prevista anche, ma solo per
questa particolare forma di società da iscrivere nella sezione speciale delle
start-up, una procedura più immediata con l’iscrizione diretta presso la Camera
di commercio interessata per territorio attraverso l’utilizzo a titolo gratuito
di un’apposita piattaforma dedicata; la semplificazione vale anche per eventuali successive modificazioni
dell’atto costitutivo. Procedendo con questa modalità l’atto costitutivo e lo
statuto sono redatti in forma esclusivamente informatica e corredati dalla
firma digitale di ciascun sottoscrittore o dell’unico sottoscrittore in caso di
società unipersonale, disponendo altresì che un atto sottoscritto in maniera
diversa non sia iscrivibile nel registro delle imprese. La procedura può essere
avviata alternativamente in due maniere: o tramite gli uffici della camera di
commercio competente per territorio e in tal caso l’iscrizione alla sezione
speciale delle start-up avviene contestualmente all’iscrizione nel registro
delle imprese; oppure direttamente con procedura informatica da parte degli
interessati, ma, adottando questa seconda modalità, l’iscrizione nel registro
delle imprese avviene provvisoriamente, in attesa della verifica dei requisiti
per essere considerate start-up innovative con conseguente iscrizione alla
sezione speciale. Secondo i dati Unioncamere la semplificazione delle procedure
ha contribuito in maniera apprezzabile alla diffusione di questo tipo di
società, almeno dal punto di vista numerico.
Si aggiunge per completezza
d’informazione che il ricorso presentato presso il TAR del Lazio dal Consiglio
nazionale del notariato avverso tale procedura è stato oggetto di una recente
sentenza dello stesso Tribunale adito, con la quale si stabilisce che è
conforme al diritto comunitario la previsione di un atto costitutivo e di
statuto della società che non rivesta la forma dell’atto pubblico, se la
legislazione prevede al momento della costituzione un controllo preventivo,
amministrativo o giudiziario, tenendo conto che queste verifiche sono demandate
all’ufficio del registro delle imprese nel procedimento d’iscrizione. Di
contro, lo stesso TAR del Lazio accoglie la doglianza notarile su quella parte
del decreto ministeriale che consentiva l’iscrizione nella sezione ordinaria
del registro delle imprese alla società eventualmente cancellata dalla sezione
speciale per motivi sopravvenuti, il che avrebbe avuto come conseguenza la
presenza nella sezione ordinaria di una società non costituita per atto
pubblico[4];
annulla pertanto l’art. 4 del DM del 17 febbraio 2016, nonché il terzo comma
dell’art. 5, in quanto limitativo delle funzioni notarili nel caso in cui,
comunque, gli atti fossero redatti per atto pubblico.
Oltre le operazioni di costituzione,
alcuni aggiustamenti sono stati introdotti anche per le condizioni di
operatività, soprattutto in materia di requisiti essenziali, ma anche per
quanto riguarda le agevolazioni. Si ricorderà che i requisiti essenziali erano
tre, dei quali era richiesto il possesso di almeno uno, ma non ovviamente con
esclusione degli altri. Originariamente le spese per ricerca e sviluppo dovevano
costituire almeno il 30% del maggior valore tra costo e valore della produzione,
mentre adesso questo rapporto viene ridotto al 15%. Quanto alle caratteristiche
della forza lavoro viene previsto ora che almeno due terzi degli occupati
(dipendenti o collaboratori a qualsiasi titolo, ma per quanto riguarda i
collaboratori vedi più appresso) siano in possesso di laurea magistrale oppure
– in alternativa – che almeno un terzo della forza lavoro stessa sia costituita
da dottorandi, dottori di ricerca o ricercatori con tre anni di esperienza in
attività di ricerca, mentre in precedenza la condizione richiesta era solo per
il personale altamente qualificato nella ricerca con i requisiti accademici
necessari, che doveva costituire il 30% della forza lavoro. Permane invece la
condizione di avere la titolarità o la licenza di almeno una privativa
industriale direttamente afferente all’oggetto sociale. Come già detto, resta
all’uopo comunque sufficiente, la condizione richiesta nel precedente assetto, ossia
il possesso di almeno uno di questi tre requisiti.
Il lavoro nella start-up innovativa
Già, a proposito di requisiti,
per quanto riguarda quello relativo alla forza lavoro è opportuno accennare ad
alcune situazioni che vengono a modificarsi per effetto di disposizioni legislative
nel frattempo intervenute. Per queste in primo luogo saranno da valutare in
materia di collaboratori le conseguenze della soppressione dell’art. 61 e
connessi del d.lgs. 276/2003 e quanto invece lascia in piedi il jobs act in materia di collaborazioni
coordinate continuative. Pertanto è da ritenersi che l’originaria stesura della
legge, che prevedeva tra le condizioni
di operatività la presenza di occupati, anche in veste di collaboratori, con le
caratteristiche poco sopra descritte, debba essere ora intesa nel senso che i
collaboratori sono solo quelli desumibili dalla lettura dell’art. 409 del codice di procedura civile. Possiamo
chiederci a questo proposito se anche gli amministratori che partecipano
direttamente all’attività d’impresa e che sono forniti dei titoli previsti possano
essere considerati ai fini del soddisfacimento dei requisiti richiesti dalla
legge. La risposta è affermativa, a seguito del chiarimento fornito dal Ministero dello Sviluppo
economico[5];
dubbi invece possono sorgere relativamente ai lavoratori con partita Iva,
fenomeno esistente e potenzialmente valorizzabile, ma poco accettato a livello
di controlli e di accertamento. Sotto questo profilo è istruttivo che nelle
relazioni annuali al Parlamento del Ministero dello sviluppo economico il
computo delle presenze relative a questa categoria venga esplicitamente escluso[6].
È venuto poi a modificarsi il
regime delle assunzioni a tempo determinato. Resta fermo che i dipendenti
assunti con questa modalità rientrano a pieno titolo nel computo ai fini del
riconoscimento dello status di start-up, ma se prima l’agevolazione consisteva
nella non esistenza dell’obbligo di dover indicare la causale, adesso per
effetto del jobs-act
quest’agevolazione non ha più senso, però viene consentito alle start-up
innovative di non soggiacere per questo tipo di assunzioni al limite del 20%
della forza lavoro, nonché, in caso di eventuali rinnovi, di poter prorogare il
contratto senza soluzioni di continuità, superando cioè l’ordinario obbligo di stop and go tra un contratto e l’altro. In
tema di benefici invece deve intendersi confermato quello più generale relativo
al credito d’imposta per l’assunzione di personale altamente qualificato, con
un ulteriore riconoscimento consistente nella possibilità di assumere a
condizioni agevolate anche sotto forma di apprendistato; inoltre per le
start-up non è richiesta, per poter essere ammessa al credito, la
certificazione da parte di un professionista con la qualifica di revisore
legale o del collegio sindacale quando esistente.
Per concludere sul tema lavoro
accenniamo anche alla struttura della retribuzione prevista per i dipendenti
delle start up innovative, retribuzione che deve essere costituita di due
elementi, una parte fissa ed una variabile. La parte fissa non può essere
inferiore a quanto previsto dalla contrattazione collettiva nazionale di
riferimento per quelle mansioni ed il livello corrispondente; per quella
variabile è opportuno svolgere alcune considerazioni. Infatti il concetto di retribuzione variabile
resta poco definito e non poteva essere altrimenti, essendo per forza di cose
rinviato alla contrattazione di secondo
livello, oppure aziendale e anche a quella individuale. Fermo restando infatti
che la contrattazione nazionale può solo eventualmente indicare i criteri a cui
attenersi per la determinazione della parte variabile – e al momento non
risulta affrontata questa tematica – in effetti è più concreto che tali criteri
vengano determinati a livello decentrato anche fino allo stesso livello
aziendale, essendo la dimensione produttiva
del lavoratore o del gruppo di lavoro più facilmente parametrabile a
questo livello. A sostegno di tale direzione di comportamento va considerata anche
la possibilità prevista dalla legge che la retribuzione variabile possa essere
rappresentata in tutto o in parte da assegnazione di stock option o cessione
gratuita di quote o azioni della società. In quest’ultima ipotesi il reddito
derivante è escluso dalla base imponibile sia ai fini fiscali che contributivi;
per questi ultimi, naturalmente, per quanto riguarda la contribuzione a carico
del dipendente[7].
Il regime dei controlli
L’essere iscritta in una sezione
speciale del registro delle imprese riservato alle start-up innovative[8]
dà diritto ad alcuni vantaggi, ma comporta anche l’assoggettamento a
particolari controlli diretti alla sussistenza prima ed al mantenimento poi dei
requisiti. Può essere interessante entrare nel merito di questi requisiti e del
loro mantenimento e l’occasione ce la presenta il Ministero dello Sviluppo
Economico con una recente circolare diretta alle Camere di commercio[9],
di difficile digestione relativamente al linguaggio adottato, dalla quale si
ricavano però utili indicazioni in ordine a detti controlli. Posto che le
verifiche riguardano due momenti, quello preventivo e quello dinamico, di
quello preventivo, che contiene comunque utili precisazioni operative delle
quali però sarebbe troppo lungo tener conto in questa sede, sarà sufficiente dire che gli organi predisposti dovranno accertare
in maniera formale e sostanziale che siano stati rispettati gli adempimenti
previsti per le società di nuova costituzione e la sussistenza delle condizioni
richieste dalla legge per quelle già esistenti da non più di sessanta mesi
ammesse alla agevolazione.
Soffermiamoci invece un attimo
sulla fase dinamica, cioè alle verifiche che le camere di commercio debbono
condurre in itinere. Questa fase presentava
anche un aspetto di attualità, dal momento che, secondo quanto affermava la
circolare ministeriale lo scorso 18 dicembre andava ad esaurirsi lo speciale
regime che interessava le società già esistenti alla data di entrata in vigore
della norma. Per la verità questa sezione della circolare non ha il privilegio
della chiarezza, dato che non viene definito in maniera esauriente quale
sarebbe il contingente d’imprese per le quali lo speciale regime sarebbe andato
in scadenza, appunto, lo scorso 18 dicembre. Si fa riferimento infatti alle agevolazioni
di natura fiscale, di cui schema e contenuti sarebbero descritti nella
circolare dell’Agenzia delle Entrate numero 16/E dell’11 giugno 2016. Con tutta
probabilità si tratta di un refuso, poiché detta circolare numero 16/E risale
all’11 giugno 2014 con riferimento alla scadenza del 18 dicembre 2016, mentre
nel 2016 non è rintracciabile alcuna circolare che tratti del medesimo
argomento. Era forse necessario un chiarimento, ma al momento in cui scriviamo
queste note non risulta ancora uscito o forse adesso è giudicato superfluo. A
proposito, poi, delle agevolazioni di natura fiscale, sia quelle a favore delle
imprese, che quelle a favore degli investitori, c’è da dire che si avviano a
diventare stabili, essendo state confermate e in qualche caso incrementate in
occasione della legge di bilancio 2017.
Inoltre la circolare ministeriale
ribadisce la necessità di verificare il mantenimento dei requisiti caratteristici,
che prevedono, in primo luogo, che il valore annuale della produzione non sia
superiore a 5 milioni di euro, che non sia avvenuta distribuzione degli utili,
che nel frattempo la società non sia stata quotata. Un particolare controllo poi
dovrà essere esercitato in relazione ai tre requisiti precedentemente
richiamati, di cui all’art. 25, comma 2, lettera h), tenendo presente che non è
tassativo che venga mantenuto sempre lo stesso requisito, ma che sia possibile
variare il requisito prescelto, restando fermo che almeno uno di essi deve
sempre sussistere. Infine – ma solo per le start-up innovative a vocazione
sociale – sarà verificato che sia stato presentato il documento di descrizione
dell’impatto sociale.
Start-up e capitale di rischio
Facciamo ora cenno, brevemente,
all’evoluzione della normativa e della prassi intervenuta in materia di
disposizioni finanziarie e di strumenti operativi per la raccolta di capitale
di rischio a favore delle start-up innovative. Fin dall’assetto originario si faceva
riferimento ad investitori per iniziativa
privata, ma anche alla nuova istituzione del portale per la raccolta. Agli
investitori per iniziativa privata, soggetti individuali oppure società di
persone o di capitali che fossero, era permesso di beneficiare di particolari
detrazioni o deduzioni d’imposta, con articolata misura e modalità, a valere
per i periodi d’imposta dal 2013 al 2016 (e adesso, come abbiamo visto anche
per gli anni successivi) per i soggetti sia Irpef che Ires, benefici stabiliti
in misura più vantaggiosa per gl’investimenti effettuati nelle start-up
innovative a vocazione sociale. L’operazione può essere effettuata sia
direttamente, sia attraverso un organismo d’investimento collettivo del
risparmio, cosiddetto in sigla OICV, oppure anche per il tramite di una società
di capitali avente per oggetto prevalente la partecipazione finanziaria a
start-up innovative.
La Consob, con apposita delibera
del 26 giugno 2013, ha istituito il registro dei gestori dei portali, cioè delle
piattaforme on-line che hanno come finalità esclusiva la facilitazione della
raccolta dei capitali di rischio da parte degli offerenti. Il relativo
regolamento è stato adottato con la medesima delibera Consob poi
successivamente modificato e integrato con delibera del 24 febbraio 2016. Tale
sistema di finanziamento, operante come detto attraverso portali informatici, è
noto sotto il nome di crowdfunding,
che in italiano può tradursi pressappoco come investimento collettivo, un
processo più generale ed ampio di cui gl’interventi a favore di start up
innovative costituiscono solo una sezione e per di più recente. Nella maggior
parte dei paesi è generalmente libero, mentre la Consob fa notare che l’Italia
è il primo paese d’Europa ad essersi dotato di un assetto regolamentare
specifico.
Per finire
Vorrei infine concludere queste
note con un segno di ottimismo. La critica più diffusa che viene rivolta al
sistema delle start up, con particolare riferimento all’esperienza del nostro
paese, è che non abbiano la capacità di poter crescere, restando limitate alla
loro dimensione medio-piccola; del resto, ponendo l’attenzione a programmi di
lavoro che si basano sì sulla ricerca e lo sviluppo dell’innovazione, ma anche
sulla capacità e sulla qualifica in un certo senso élitaria delle risorse umane
impiegate, è difficile poter pensare ad una evoluzione di massa del business e
ad un suo progressivo posizionamento verso una dimensione industriale. Il
rischio allora è, come è stato affermato, che i giganti della tecnologia si
mangino le start up oppure che progressivamente tolgano loro il terreno.
Eppure i numeri non parlano
propriamente così: un recente studio della Banca d’Italia osserva che tra le
startup innovative che hanno iniziato la vendita si registrano tassi di
crescita del fatturato e dell’attivo più alti rispetto alle altre imprese e
inoltre che risulta significativamente più elevata (di oltre 15 punti
percentuali) l’incidenza sull’attivo delle attività immateriali che, includendo
le spese sostenute per ricerca e sviluppo, marchi o brevetti, sono tipicamente
correlate al grado di innovazione delle aziende. Sicuramente emerge dal citato
studio che un ruolo determinante è assolto dalle agevolazioni introdotte per la
raccolta dei finanziamenti, però, come sostiene il ministro Calenda nella sua
introduzione della già citata relazione annuale al Parlamento sul tema in
questione, è un fatto anche che si è voluto venire incontro ad una “nuova
generazione di imprese, che può lasciare il segno non solo da un punto di vista
culturale, ma anche e soprattutto economico, perché grazie alla sua attitudine
all’innovazione tecnologica e alla sperimentazione di nuovi modelli di
business, nel lungo periodo stimolerà un incremento nei livelli di produttività,
di competitività ed efficienza dell’intero tessuto”.
[1] Magari anche al
netto di un certo dibattito in corso sulla loro natura e funzione nella
dinamica attuale. Ne ha scritto recentemente in proposito Arrigo Panato in
http://www.econopoly.ilsole24ore.com/2017/10/29/startup-era-finita-pmi-dinamiche/?uuid=96_vDPXUSS5
[2] Si vedano in
questa stessa rivista n. 39/2012 e n. 12/2013 i miei articoli Le start-up innovative e Postille alle start-up innovative,
nonché Start up innovative. Brevi appunti
per cominciare: il business plan in http://ionis56.blogspot.it/2013/01/start-up-innovative-brevi-appunti-per.html
[3] In precedenza il termine ex
ante era di 48 mesi, modificato successivamente per effetto del
coordinamento con il Decreto Legge 3/2015
[4] Sentenza
Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio n. 10004/2017 del 2 ottobre 2017
[5] Parere n.
147538 del 22 agosto 2014, confermato con analogo messaggio n. 155486 del 4
settembre 2015.
[6] Citiamo a titolo esemplificativo la relazione del ministro
Calenda per l’esercizio 2016, in cui nel’analisi della forza lavoro, soci e addetti,
si afferma che “per dipendenti si intendono tutti coloro in possesso di un
contratto a carattere subordinato con l’azienda, inclusi i lavoratori part-time
e stagionali” e che “il dato non comprende i lavoratori con partita Iva”. Vero
è che nel documento e nella statistica ivi contenuta non figurano neppure le
collaborazioni, le quali però sono riconosciute dai citati messaggi dello
stesso Ministero, sia pure datati anteriormente alla relazione Calenda.
[7] Disposizione introdotta con DL 25 giugno 2008 n. 112,
convertito con Legge 6 agosto 2008 n. 112. Si veda in proposito circolare Inps
n. 123 del 11 dicembre 2009.
[8] Ed anche alle
PMI innovative delle quali non ci occupiamo in questa sede.
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