Translate

Translate

mercoledì 4 gennaio 2012

Col permesso del direttore, riporto da pensalibero.it, periodico on-line ispirato all'area laica e liberalsocialista, un interessante scambio di idee che si è svolto in questi giorni sul tema delle prospettive che ci offre questo governo ed a cui ha partecipato anche un noto esponente politico del passato. Come si può vedere il direttore ed io non siamo esattamente sulla stessa lunghezza d'onda, anche se molti giudizi ci accomunano. Ed è per questo che lo riporto. Se poi qualcuno avrà voglia di portare il suo contributo sarà senz'altro ben accetto.


1° gennaio 2012.  Editoriale: 


Napolitano ammette che  l'effetto Monti era una bufala



Non solo i mercati se ne fregano del professore. Anche l’Europa non muta il suo atteggiamento di impotenza di fronte agli ottusi egoismi nazionali. Appello alla fiducia nella politica: come se si potesse ottenere togliendo la parola agli elettori proprio nei momenti piú importanti!



Il consueto discorso di fine anno del Presidente della Repubblica Napolitano, al di la delle intenzioni, non è stato un messaggio di fiducia. A leggere bene in controluce le parole pronunciate a reti unificate dal Capo dello Stato, la preoccupazione prevale largamente sulla speranza.  Napolitano non è arrivato a dire che sarebbe stato meglio sciogliere il Parlamento e dare la parola agli elettori.
Ma ha dovuto prendere atto di una amara realtá. L’effetto Monti è una bufala. Non solo i mercati se ne fregano del professore e dei bocconiani al governo (come era largamente prevedibile). Anche l’Europa non muta il suo atteggiamento di impotenza di fronte agli ottusi egoismi nazionali. E che Merkel e Sarkozy potessero dire “ora che gli Italiani fanno i bravi con Monti al governo diamo loro una mano” è cosa che fa ridere al solo pensare che qualcuno (leggi la grande stampa nazionale) abbia fatto finta di pensare o abbia realmente pensato. Napolitano, artefice fondamentale dell’operazione Monti, ha maturato, dalla sua lunga esperienza politica, la consapevolezza che è meglio ammettere gli effetti evidenti di un errore prima che sia evidente a tutti chi ha commesso l’errore stesso. Ed eccolo dunque ammettere che “i nostri Buoni del tesoro – nonostante i segnali incoraggianti degli ultimi giorni - restano sotto attacco nei mercati finanziari; il debito pubblico che abbiamo accumulato nei decenni pesa come un macigno e ci costa tassi di interesse pericolosamente alti”
Niente di efficace, invece, il nostro presidente puo’ su un altro non secondario aspetto legato al governo Monti: la sospensione della nostra democrazia.
Non che non ci abbia provato “I partiti – ha detto- occupino questi mesi alla ricerca di intese sulle riforme istituzionali, necessarie anche per costruire una democrazia dell’alternanza più efficace nella prossima legislatura”.  La classica toppa peggiore del buco.  Come se si potesse, con una Costituzione legata ai valori della democrazia parlamentare, fissare un recinto nel quale il parlamento stesso debba e possa operare. E come se non fosse evidente che ormai, da questo Parlamento niente ci si puó aspettare. Altrimenti non ci sarebbe stata la crisi”.
Infine, da manuale di tecnica della dissimulazione politica la conclusione: i cittadini guardino “senza pregiudizi” alla prova di rinnovamento che la politica saprà dare in questo periodo, perchè “non c’è futuro per l’Italia senza rigenerazione della politica e della fiducia nella politica”. Come se queste cose si potessero ottenere togliendo la parola agli elettori proprio nei momenti piú importanti!
Fra gli obiettivi di Napolitano non va dimenticato che la scelta di Monti è stata fatta anche per far firmare un armistizio ai partiti in inutile e stupida rissa da troppo tempo. Sulle sorti economiche del Paese è difficile dire se il governo Monti saprà salvare il salvabile, ma il vero nodo politico è, non l’economia che si poteva e si può domare anche senza professori, ma è piuttosto il riordinamento della lotta politica in Italia. Il nostro male infatti è il bipolarismo devastante di questi anni. Se il tempo di Monti – breve o no che sia – servirà a scomporre e ricomporre le alleanze politiche ormai ventennali, la scelta di Napolitano in futuro sarà giudicata una grazia ricevuta.

Silla Cellino
Riconosco tranquillamente che in politica sono sempre stato un po’ sbandato. Quando me ne occupavo direttamente, da socialista, ero per lo più in minoranza. Quando ho smesso di partecipare ho trovato quei partiti, ma soprattutto quel sistema, del tutto inadeguati per poter rappresentare una minima attrazione, ma ciò sarebbe il meno se il sistema ed i partiti, pur non attraenti, avessero in qualche modo dato delle indicazioni, magari seguite da qualche tormentata realizzazione. Anche per questo il più delle volte non ce l’ho fatta a riconoscermi da qualche parte il giorno delle elezioni. Oggi che si celebrano – o almeno così pare – le esequie di quel sistema e di quella classe politica dovrei sentirmi soddisfatto e invece mi sento più deluso di prima; e mi domando perché.
Lo stimolo alla riflessione però – mi perdonino gli amici di pensalibero – non mi viene tanto dall’impostazione critica che questa testata ha assunto sulla svolta impressa dall’intervento diretto del presidente della repubblica nella vicenda politica del giorno per giorno. Sulla critica si può anche concordare: sono state spogliate le prerogative del parlamento, si è favorita la costituzione di un governo di finti tecnici, che invece non sono affatto neutrali nel gioco tra i poteri reali, si è eliminato o appiattito il dibattito politico tra le forze che più o meno hanno subito il diktat, lasciando agli altri la prerogativa dello strillo. Ma prima di questo Napolitano ha portato a compimento il ruolo politico reale che ha sempre svolto, cioè l’essere stato di fatto la più efficace forza di opposizione al governo Berlusconi, in vera e propria supplenza di ciò che le opposizioni non erano mai state capaci di fare; e ciò valendosi delle sue prerogative e dei suoi poteri di presidente. L’azione successiva non è stato che il coronamento di questo ruolo e non poteva essere diversa.
Perciò lo stimolo alla riflessione mi viene essenzialmente dalla preoccupazione per quanto sarebbe successo se questo intervento non ci fosse stato. Su questo punto ritengo abbia perfettamente ragione Lelio Lagorio quando afferma che il vero nodo politico è, non l’economia che si poteva e si può domare anche senza professori, ma piuttosto il riordinamento della lotta politica in Italia, così gravemente compromessa da questo bipolarismo devastante. E aggiungo che l’alternativa elettorale – che comunque non è affatto esorcizzata – avrebbe trovato impreparato non l’elettorato, orientato almeno in questa fase ad un deciso rivolgimento, ma i potenziali vincitori che, come gli avvenimenti di questi giorni stanno confermando, sono assolutamente incapaci di esprimere una credibile linea di governo.

3 gennaio 2012 - 09:21

n.c.
Il presidente Lagorio come sempre nei suoi purtroppo rari interventi su Pensalibero, e Silla Cellino hanno ragione da vendere a guardare oltre, cioé verso la possibile via di uscita. E lo fanno con logica ineccepibile. Guardando al bicchiere mezzo pieno.
Avevamo cominciato anche noi cosí, quando ebbe inizio tutta la vicenda. Poteva essere, il governo Monti il male minore visto che ormai la partita era compromessa sul piano interno ( con i partiti ” in inutile e stupida rissa da troppo tempo”, come scrive Lagorio) e sul piano esterno (per l’incapacitá del governo Berlusconi non solo di svolgere un ruolo ma persino di interloquire a livello europeo). Ma per essere tollerabile, lo strappo alla Costituzione doveva essere rivendicato apertamente, accompagnato dalla solenne promessa che sarebbe stato rimarginato prima possibile. Eccezione, non regola.
Napolitano, invece, non se la é sentita di mostrarsi, per una volta, diverso dal difensore strenuo della nostra Carta. Forse un riflesso condizionato nel nome di una posizione che é stata a lungo il cavallo di battaglia del partito nel quale per decenni ha militato.
In questo modo, secondo me, ha aggiunto un anello alla catena di contraddizioni che rendono caotico il nostro sistema: si vota per eleggere un premier con una Costituzione che conferisce al Presidente della Repubblica il potere di nominarlo (una volta questo era il solo vero potere del Capo dello Stato, assieme a quello di sciogliere le Camere!): si pretende di avere il maggioritario ma non si ricorre alle urne se vien meno la maggioranza decisa dagli elettori, e via contraddicendosi.
Puo’ darsi che si debba domani ringraziare Napolitano per avere cosí contribuito a scompaginare l’attuale assetto politico. Non mi parrebbe vero. Ma toccava a lui questo compito? E se il governo Monti é nella norma costituzionale, a quanti altri strappi dovremo assistere?
Purtroppo, per la piega che hanno preso gli avvenimenti, io vedo solo pericoli.
Ne cito alcuni.
É andato definitivamente in soffitta il conflitto di interessi: questo governo ne é un groviglio.
Finanza e Banche ci stanno prendendo gusto a gestire direttamente le cose di governo.
Va peggio di prima per quanto riguarda il nostro ruolo in Europa. Appena ventiquattro ore dopo la sua nomina, il coro della stampa aveva accompagnato la missione di Monti ad incontrare Merkel e Sarkozy. Dopo quarantotto ore il medesimo coro ci aveva informato che ormai, grazie a Monti, l’Italia era tornata tra i grandi e mediava fra Merkel e Sarkozy. Quarantanove ore dopo Sarkozy e la Merkel si accordavano, da soli, per dettare le loro condizioni ai rimanenti paesi europei (con la sola e sola Gran Bretagna a fare loro “marameo”) e abbiamo perso di vista il coro.
Parlo solo di problemi politici e non economici che, purtroppo tutti vediamo come vengono affrontati (a suon di tasse bocconiane).
Ma ne devo aggiungere uno di problemi politici, in fondo e sommessamente, perché non sembri demagogia richiamarlo. Il ragionamento di Lagorio e di Cellino, se ho capito bene, si fonda sulla speranza di una presa di coscienza dei partiti, o/e, di una salutare crisi che li porti a scomporsi e ricomporsi con equilibri e aggregazioni diversi.
Dopo, solo dopo, dovrebbero essere consultati gli elettori per apprezzare le novitá.
Ecco, io temo il contrario: che tutta questa opacitá che coinvolge istituzioni e partiti, sia vissuta come una “nuttata” che “ha da passa’ “.
E che quel “dopo” , quando verrá, possa essere in tutto uguale al prima. rivolgimento, ma i potenziali vincitori che, come gli avvenimenti di questi giorni stanno confermando, sono assolutamente incapaci di esprimere una credibile linea di governo.

Silla Cellino
Caro Nicola, il bicchiere purtroppo non lo vedo mezzo pieno, anzi ho proprio paura che prima o poi si vuoti del tutto. Ciò non significa che si debba rinunciare a dire la nostra come tu fai e fa anche Pensalibero, ma non è detto che la nostra debba essere solo e per forza una salutare critica frontale e non anche un tentativo per superare l’emergenza, anche istituzionale e far sì che tutto ritorni o si rinnovi per ritrovare una nuova “normalità” di vita e di dialettica democratica.
Qui ci sono delle emergenze, di cui la crisi nostra nell’Europa all’interno della più generale crisi europea è solo una manifestazione derivata. Le emergenze vere e quelle che c’interessano più da vicino sono quelle delle condizioni penose in cui è stato ridotto il nostro paese. Non parlo tanto della questione morale – ogni epoca ha la sua – ma dello sfascio del tessuto sociale, economico e produttivo e del contemporaneo affermarsi di una società parassita che cresce poggiando su un’economia altrettanto parassita, quella parapubblica per tradizione, ma anche quella privata, al di là di alcune isole, distinguibili magari per aree settoriali più che geografiche.
Ti porto un esempio, uno fra i tanti. Si parla di casta e si fa sempre riferimento ai parlamentari ed ai politici delle varie articolazioni locali, perche si è consapevoli che è un argomento di massima comprensione, ma gli sprechi veri dell’amministrazione pubblica non sono solo lì, anzi la massima parte è annidata all’interno della macchina dello stato, dei ministeri o della burocrazia regionale e coinvolgono non solo il pubblico impiego, ma tutta la rete di interessi che ci gira intorno, appalti, servizi, relazioni sindacali, affari diversi e che hanno nello spreco la loro vera ragione di vita. Contrariamente a ciò che si può pensare, gli sprechi non sono improduttivi, anzi fanno campare direttamente o indirettamente milioni di persone il cui mercato del lavoro è li dentro; un po’ perché ci stanno bene, ma un po’ anche perché fuori non c’è un altro possibile mercato del lavoro che li possa accogliere oltre i confini della saturazione attuale.
Non ho tirato in ballo il mercato del lavoro per caso, ma perché credo che proprio sulla questione lavoro si svolga una delle battaglie più importanti per la riqualificazione del nostro modo di vivere e dei nostri rapporti sociali, sempre che si riesca a giocarla con uno spirito di riforma e non di conservazione di privilegi, di casta anche questi in certi casi. Soprattutto perché senza questa riforma diventa lettera morta ogni migliore intenzione di rilanciare in Italia quell’iniziativa produttiva che si reputa tanto necessaria – e lo è – per poter cominciare a pensare ad un’alternativa al potere burocratico e parassitario.
Certo, mi rendo benissimo conto che questi tecnici di fronte a questo tipo di problemi hanno una sovranità limitata, che il parlamento è ancora in mano ai vecchi partiti, che i vecchi partiti dietro il sorriso di facciata tengono in serbo i coltelli e la pietra per affilarli. Però che dobbiamo fare? La nostra area politico-culturale non è trainante, diciamo anzi che è inesistente o, più esattamente, impotente quanto a strumenti per formare all’esterno un’opinione. E se dovessimo scivolare rapidamente verso le elezioni, non solo andrebbe perduto quel lavoro modesto, ma qualitativo, che abbiamo fatto in questi anni, ma avrebbero gravi problemi anche tante forze tra quelle che negli ultimi tempi avevano suscitato aspettative di rinnovamento. Ogni riferimento al big bang non è casuale, ma neppure esclusivo.



Nessun commento:

Posta un commento